Oggi iniziano i Giochi olimpici di Tokyo 2020. Terminiamo il discorso su Omega e le Olimpiadi, facendo il punto sui modernissimi sistemi di cronometraggio messi in campo dal Cronometrista ufficiale
E alla fine le Olimpiadi di Tokyo sono iniziate, non ostante la pandemia. Non è solo una questione di conservare qualche sponsor per contenere i danni economici. I primi a volere i Giochi olimpici sono proprio gli atleti, quelli che per quattro anni (anzi, cinque in questo caso) hanno lavorato, sofferto e sudato per arrivare alle Olimpiadi nella miglior forma possibile. È per loro, il danno maggiore derivante da un eventuale annullamento.
Per molti è l’appuntamento fondamentale, il vero inizio o la fine di una carriera per cui hanno impegnato sé stessi oltre ogni ragionevolezza di chi non ne condivide le motivazioni. Che in certi casi sono economiche, è vero – e infatti più di un atleta professionista ha rinunciato proprio per non mettere a rischio i contratti con gli sponsor. Ma, nell’economia totale degli sport ammessi ai Giochi olimpici, la maggior parte degli atleti cerca ancora l’appuntamento con la Storia, cerca la soddisfazione personale o persino il riscatto da una vita difficile. Cerca i valori puri dello sport, in definitiva.
Omega e le Olimpiadi: vera rivoluzione?
Qualcuno ha pensato che parlare di “rivoluzione” Omega relativamente ai Giochi olimpici fosse un’esagerazione, un tentativo di compiacere Omega e il suo impegno sportivo. A me, sinceramente sembra il contrario. Vedete, la rivoluzione non sta tanto nei sistemi di cronometraggio sempre più precisi. Quello è “normale” progresso tecnologico. La rivoluzione vera è aver superato il “semplice” concetto di stabilire un corretto ordine di premiazione (come richiesto per primi dagli organizzatori, sommersi dalle critiche del pubblico e degli atleti) per mettersi al servizio degli atleti. Che è una cosa molto complessa.
Vuol dire che gli atleti possono seguire e rivivere ognuna delle proprie prestazioni anche per migliorarsi. Possono confrontare la propria prestazione con quella degli altri atleti per capire le differenze, per capire i sia pur minimi errori. Nell’equitazione, ad esempio (ancora “lei”, con un rimando alla Storia), si possono confrontare direttamente i percorsi delle gare ad ostacoli, cercando poi di ottimizzarli. E così via.
Sono certo che in un futuro non troppo lontano si arriverà a creare veri e propri avatar degli atleti con programmi di confronto diretto. E persino con la possibilità di evidenziare gli errori commessi. Del resto già oggi la maggior parte dei programmi di training (in palestra come in attrezzi dedicati, anche da polso) sono tutti figli o nipoti della rivoluzione Omega nel cronometraggio sportivo.
Il cronometraggio Omega: la strumentazione
Oggi, la linea di arrivo è filmata da una macchina sistemata in alto per una visione ottimale, che trasmette alla cabina di regia immagini digitali al ritmo di 2000 fotogrammi al secondo. E che quindi consente di misurare la posizione d’ogni atleta al duemillesimo di secondo. In realtà c’è anche uno strumento (la versione moderna dei contasecondi) in grado di spingersi oltre, fino al milionesimo di secondo. Prendete un secondo, dividetelo in un milione di parti…
L’apparecchiatura per misurare le gare di velocità è composta essenzialmente da una serie di centraline elettroniche per la gestione dei dati; le centraline sono alimentate a batteria, per evitare errori introdotti dalla corrente alternata o, peggio ancora, vuoti dovuti a temporanee mancanze di corrente. Un vero e proprio groviglio composto da decine di chilometri di cavi doppi (la prudenza non è mai troppa) unisce le centraline; collegate a loro volta ad una serie di terminali e, infine, al computer sistemato in una cabina di regia per i cronometristi. Che dei cronometristi d’una volta hanno ormai solo il nome.
Il cronometraggio Omega: la partenza…
Il primo dei terminali è proprio la pistola rossa dello starter, costituita da flash e da un generatore di suono. Quando lo starter preme il grilletto, il dispositivo produce un suono, emette un flash luminoso ed invia l’impulso di avvio ai contasecondi elettronici. Il suono viene trasmesso agli altoparlanti sistemati su ciascun blocco di partenza. L’altoparlante su ogni blocco di partenza serve a far sì che il suono della pistola giunga contemporaneamente a ciascun atleta: nelle gare con linea di partenza sfalsata, come i 400 metri, questo accorgimento può rivelarsi determinante.
Gli stessi blocchi di partenza sono in realtà un terminale tecnologicamente avanzato. Negli appoggi per i piedi è incorporato un sensore di spinta (certi atleti arrivano a sviluppare una spinta di 160 chilogrammi), utile anche per rilevare le false partenze; un anticipo superiore al decimo di secondo (tempo medio di reazione allo sparo) fa suonare un allarme nelle cuffie dello starter, il quale provvede immediatamente a sparare il secondo colpo che annulla la partenza.
…la gara e l’arrivo
Se la partenza è regolare, il tempo intermedio è rilevato da una cellula fotoelettrica – posta, nelle gare brevi, a metà percorso, mentre per le gare sulla distanza le cellule sono sistemate ogni 100 metri. All’arrivo il tempo compare immediatamente su un tabellone elettronico, ma è una rilevazione “falsa”, sempre leggermente superiore al tempo reale della gara. Per esigenze televisive, infatti, si comunica immediatamente il tempo rilevato da due cellule fotoelettriche poste pochi centimetri dopo la linea d’arrivo; una all’altezza delle braccia, l’altra del petto degli atleti: ma solo il petto ha valore agli effetti del cronometraggio.
In realtà, alla fine della gara i tecnici in cabina di regia esaminano febbrilmente, fotogramma per fotogramma, il filmato realizzato nei 4 millimetri prima del traguardo. È questo, esatto al duemillesimo di secondo, il tempo ufficiale della gara. Comunicato – sempre sullo stesso tabellone ma con approssimazione al millesimo – meno di un minuto dopo il termine della gara.
Incidentalmente, le cellule fotoelettriche sono sistemate pochi centimetri dopo il traguardo proprio perché in tal modo il tempo sarà sempre più lungo della misurazione ufficiale; quindi l’eventuale record non dovrà mai essere seguito dalla delusione di una smentita. Il cronometraggio di Omega è sempre solidale con gli atleti, che possono in qualunque momento entrare in contatto con i cronometristi, fare domande, verificare, partecipare ai controlli.
Collegato alle apparecchiature di cronometraggio c’è anche un anemometro per misurare la velocità del vento a favore, comunicata 10 secondi dopo la fine della gara. Se la velocità del vento supera i 2 metri al secondo, l’eventuale record mondiale non può essere omologato. E se la precisione al duemillesimo di secondo non dovesse essere sufficiente per individuare il vincitore?
In questo caso il computer (ovviamente munito di un gruppo di continuità per evitare le conseguenze di un blackout) può rapidamente elaborare i fotogrammi, con un programma di grafica, per consentirne la massima decifrabilità. L’apparecchio visualizza un’immagine larga 1 pixel e alta 2.000, con una velocità di scansione di 2.000 fotogrammi al secondo, appunto. La lunghezza dell’immagine, invece, è determinata dal distanziamento degli atleti. Ma anche in questo Omega si sta spingendo oltre, verso risoluzioni apparentemente impossibili.
Avatar in gara
Una curiosità finale: il cuore di tutto il sistema continua ad essere un particolare orologio al quarzo, introdotto alle Olimpiadi di Londra del 2012, munito di circuito termocompensatore per evitare gli effetti negativi dovuti alle variazioni di temperatura. Rileva, come dicevo, il milionesimo di secondo. Ma è utile solo nelle gare in cui il tempo è l’unico parametro che conta, o quasi.
In molti sport, dall’equitazione alla ginnastica artistica, dal climbing al volley, il tempo è solo uno fra i tanti parametri da tenere in considerazione. E allora si comincia a percorrere una nuova strada in più, resa possibile da apparecchiature elettroniche inedite. Grazie a sensori di ogni tipo (giroscopi elettronici, sensori di accelerazione, leggerissimi trasponder fissati al corpo degli atleti, tutti collegati con sistemi wi-fi a prova di hacker) si possono raccogliere diverse informazioni biometriche. Utili non solo per soddisfare la curiosità del pubblico, ma soprattutto per gli stessi atleti, che non sempre possono disporre di attrezzatura tanto perfezionate.
Queste informazioni, talvolta ottenute anche con l’ausilio di laser a bassa potenza, consentono di creare un’immagine degli atleti e dei loro movimenti. Veri e propri avatar che ricostruiscono con estrema precisione i movimenti e i percorsi degli atleti. Spettacolo nello spettacolo, ma soprattutto un sistema completo per consentire a ciascun atleta di esaminare, analizzare ed eventualmente correggere il proprio comportamento in gara. Essere dalla parte degli atleti, appunto. È questa la vera rivoluzione di Omega, giunta alla propria ventinovesima Olimpiade. Pronta (quasi) per la trentesima.