Ho visto la Storia. Ho visto il futuro dell’orologeria italiana. Io l’ho visto: si chiama OISA 1937.
Tu mi dirai: ma cosa caspita ti sei calato per scrivere ’ste robe? No, al mio cervello ci tengo molto, ti rispondo. Ci vado pianissimo persino con la birra, figurati il resto. È che ho visto realizzarsi un mio vecchio sogno. Ancora non posso raccontare tutto nei dettagli e non sono nemmeno riuscito a convincerli – loro di Locman e di OISA 1937, che hanno fatto questo piccolo miracolo italiano – che almeno la foto di un ponte potevano darmela…
Ma io ho visto. E non solo io, ovviamente. C’era un nutrito gruppo di giornalisti specializzati. Il problema è che per ora non se ne può parlare più di tanto. Fino a gennaio. Quando uscirà il primo movimento meccanico italiano prodotto, dopo tanti anni di assenza, da OISA 1937. Ma andiamo con ordine.
Premessa. Il sogno
Ho conosciuto Marco Mantovani tanti anni fa. Quanti non conta, ma tanti. Marco ha fatto parecchie cose per primo, zitto zitto. Il primo a usare l’erica dell’Elba per un orologio e poi il primo, con il designer Fulvio Locci, a sdoganare l’uso del colore in un certo tipo d’orologio, ai confini fra tradizione e fashion, il primo a usare il titanio per orologi italiani. Già, perché è stato anche il primo a dichiarare orgogliosamente la nazionalità italiana dei propri orologi. Prima o poi faremo un bell’Amarcord delle nostre discussioni e dei nostri sogni. Il più importante dei quali era la produzione di un movimento italiano. Un movimento meccanico italiano.
A naso direi che abbiamo cominciato a parlarne una ventina d’anni fa. Forse qualcosa in più. Marco Mantovani, che sa e vuole costruire cose solide con un solido futuro, l’ha presa alla lontana. Piano piano, mattone dopo mattone, con l’aiuto delle persone che riteneva giuste – sia per quanto riguarda il fondamentale progetto economico, sia per quello tecnico. Ora ci siamo ed io ho visto un bellissimo movimento meccanico a carica manuale. Che l’avessero fatto gli svizzeri diremmo tutti: «Oh, che gran bel movimento… E che finiture di grande qualità!».
Il gruppo di lavoro
Gente seria, maledettamente seria. Di Marco Mantovani abbiamo già detto, ma la parte finanziaria, e non solo, è da molti anni affidata ad Andrea Morante, uomo dal passato, presente e futuro importante. AD storico di Pomellato, lascia il marchio quando passa al gruppo Kering per diventare AD di Sergio Rossi (calzature) e Presidente di QuattroR Sgr, società indipendente di gestione del risparmio, con la quale entra anche in Trussardi. Un dirigente che è una certezza assoluta. E che comprende pienamente il potenziale di un movimento Made in Italy per gli orologi.
La produzione di OISA 1937 si svolge in uno stabile attiguo alla Officine Meccaniche Futura di Benedetto Perrotta, azienda fondata nel 1991 e specializzata in lavorazioni meccaniche di precisione. La sede è ad Albuzzano, ad una decina di chilometri dal centro di Pavia. Una bella caratteristica dell’azienda è di possedere – fisicamente – anche le macchine a controllo numerico necessarie per produrre (immagino in piccola serie, all’inizio) i movimenti Made in Italy. E non finisce qui.
Ma da dove viene, ’sto movimento?
Pochi lo sanno, ma l’Italia produceva movimenti per orologi già tanti anni fa. Nel 1937 Domenico Morezzi apre l’unica fabbrica italiana di movimenti per orologi da polso. Che arriverà a produrre una decina di calibri diversi. La OISA, fondata nel 1937, ha prodotto orologi e movimenti non soltanto per le marche di cui era proprietaria, ma li ha ceduti anche ad altri. La OISA era in grado di produrre grandi quantità di movimenti (fino a 10mila al mese), suddivisi fra diversi calibri. Tutti progettati da Domenico Morezzi, tecnico orologiaio e fondatore dell’azienda poi passata al nipote, Carlo Boggio Ferraris.
Carlo termina la produzione nel 1978, nel pieno di quella “crisi del quarzo” che aveva quasi sterminato i movimenti meccanici anche in Svizzera. Sostituiti, appunto, da quelli elettronici. L’arrivo poi dei circuiti integrati di produzione giapponese aveva fatto diventare obsoleti anche i quarzi svizzeri. Con conseguenze spaventose per la Svizzera degli orologi. Ma questa è un’altra storia. Ma poi l’OISA rinasce nel 2018 sempre grazie alla ferrea volontà di Carlo Boggio Ferraris.
A far da ciliegina su una torta già di per sé sontuosa c’è il Direttore tecnico, Fausto Berizzi. Però ti sento già dire: e chi diavolo è, Fausto Berizzi?
Il tecnico inflessibile
L’ho incrociato tante volte, negli ultimi 35 anni. Fausto Berizzi – italiano in Svizzera – era autore di movimenti complicati in Frédéric Piguet, la fabbrica di calibri sulle quale è stata fondata la rinascita di Blancpain e in seguito, molto in seguito, venduta a Swatch Group insieme alla stessa Blancpain.
Fra le altre tappe della vita professionale di Berizzi mi piace ricordare poi il primo calibro di manifattura per Hublot. Allora lavorava con altri due grandi tecnici: René Maillefer e Cédric Grandperret (oggi direttore tecnico della Scuola d’orologeria di Ginevra e sindaco del paese in cui vive). Nomi sconosciuti al grande pubblico, ma indimenticabili per chiunque abbia una buona conoscenza dell’orologeria non solo attraverso la facciata.
Ah, Fausto Berizzi passa in seguito alla Voucher, la fabbrica di movimenti proprietà della Fondazione Sandoz e quindi strettamente legata a Parmigiani Fleurier. Berizzi, fra l’altro, è la persona che per prima è riuscita a trovare un metodo di produzione che consentisse di realizzare ponti e platine in titanio. Come non bastasse, Fausto Berizzi si trasferisce (sempre nell’ambito delle fabbriche che fanno capo alla Fondazione Sandoz) all’Atokalpa, la fabbrica che produce spirali, bilancieri e altre delicatissime parti dei movimenti.
Per capire l’inflessibilità di Berizzi, chiacchierando con lui, alla presentazione del Calibro OISA 1937, notavo l’impiego del sistema antiurto Kif sul bilanciere. E gli chiedevo il perché di questa scelta. La risposta: «Kif costa un po’ di più, è vero. Ma mentre altre fabbriche producono pezzi che devi usare così come sono, Kif te li personalizza, te li fa delle dimensioni che vuoi tu. E questo ti consente una libertà progettuale notevole. Necessaria per fornire la massima qualità. Noi non vogliamo scorciatoie passibili di critiche tecniche». Un tecnico inflessibile, appunto.
OISA 1937, un progetto da approfondire
Vorrei che consideraste questo articolo come niente più che una sorta di indice per il lavoro che faremo nel futuro. La realizzazione di movimenti italiani (che in un certo senso era nell’aria: altri stanno scaldando i muscoli, ma siamo ancora a moduli specializzati) è un fatto storico con un potenziale assolutamente straordinario. Non va dimenticato infatti che il mercato italiano dell’orologeria (che in passato era il secondo mercato mondiale) continua ad avere una importanza fondamentale che va oltre i numeri.
L’Italia continua, nell’orologeria come in molti altri settori, ad orientare i gusti del pubblico internazionale. E questo primo movimento Made in Italy consentirà una libertà di progettazione che potrebbe trasformarsi in una solida, consistente nicchia di mercato. Un mercato che sta sempre più premiando i produttori in grado di offrire oggetti in qualche modo personalizzato.
Il primo orologio con il nuovo calibro, che è meccanico a carica manuale, lo ricordo, sarà disponibile a gennaio.