Approfondimenti

La Rose Carrée: Parmigiani Fleurier fra arte e restauro

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Qualche tempo fa, sentendomi con Guido Terreni sono stato avvisato che stava per uscire una “bomba”, qualcosa di eccezionale. Pensavo ad una nuova collezione, a varianti sul tema della bellissima collezione precedente. Pensavo banale.
Per celebrare il 25° anniversario di Parmigiani Fleurier, Michel Parmigiani e Guido Terreni – rispettivamente fondatore e Ceo di Parmigiani Fleurier – hanno deciso di realizzare un orologio in equilibrio fra il passato (il restauro di un grande movimento) e il presente dell’arte applicata all’orologeria. La Rose Carrée, questo il nome.

Un orologio sul quale sarebbe giusto scrivere un intero libro, che intitolerei appunto “Parmigiani Fleurier fra arte e restauro”. Ma io faccio il giornalista e non lo scrittore di libri, anche se qualcosa ho scritto. E come giornalista mi limito a tagliar corto per tracciare una sorta di indice dei capitoli e degli argomenti che potrebbero essere alla base del libro. Perché Guido aveva proprio ragione: quest’orologio è una bomba.

Una bomba culturale, non commerciale. Un’operazione di sensibilità artistica, in cui alla storia dell’orologeria viene reso un omaggio ricco di amore e competenza. A quanti sono davvero interessati alla grande orologeria chiedo di seguirmi con un po’ di pazienza: alla fine credo ne sarà valsa la pena. Non per quel che scrivo, ma per quanto Parmigiani Fleurier ha scelto come proprio simbolo del 25° anniversario. Un orologio in cui il restauro si fa arte.

Esemplare unico

Chiariamo subito, a scanso di equivoci, che La Rose Carrée è un esemplare unico. Non replicabile. Probabilmente è già stato venduto e anche ad un prezzo molto elevato. Ma non è con queste operazioni che Parmigiani Fleurier può “far fatturato”. Direi che non ci siano dubbi: questa è un’operazione in cui conta la cultura e non si contano i soldi.

Partiamo dal movimento, si stima realizzato da Louis-Elisée Piguet fra il 1898 e il 1904. Tu mi dirai: “E chi caspita è Louis-Elisée Piguet?”. Brevemente, ti rispondo che è un grande orologiaio nato il 13 giugno 1836 (a Le Brassus, cuore pulsante dell’alta orologeria svizzera) e morto a Losanna il 27 giugno 1924, a 88 anni. Su di lui l’esperto di orologeria Fritz Von Osterhausen ha scritto (in francese) uno splendido libro: Six générations d’horlogers de la Vallée de Joux.

Si parte da Jacques Piguet, nato nel 1720: fu probabilmente uno degli Ugonotti emigrati in Svizzera dopo l’Editto di Fontainebleau (1685) che toglieva ai protestanti la libertà di culto. Gli Ugonotti riparati in Svizzera si erano sistemati al confine, sperando di poter tornare. Perché il loro diritto di culto veniva ogni tanto tolto e poi restituito. Sono ancora lì, sempre a pochi metri dal confine con la Francia. Furono proprio gli Ugonotti a portare in Svizzera l’Orologeria – e la maiuscola non è un refuso di scrittura.

All’estremo opposto troviamo l’omonimo Jacques Piguet, discendente ed erede nel frattempo di quel Frédéric che aveva appunto fondato la Frédéric Piguet. Manifattura di movimenti venduta nel 1995 a Swatch Group. Bella storia, vero? Ah, tieni presente che non esiste alcun legame diretto fra Louis-Elisée Piguet e Audemars Piguet (beh sì, ha realizzato movimenti per Audemars, ma senza il diritto di firmarli); né risultano legami con quell’Albert Piguet che inventò il Lemania 27CHR C12, progenitore del movimento montato dall’Omega Speedmaster.

Benché non si possa mai dire: la prima volta che sono andato a Le Brassus il breve elenco telefonico era per tre quarti diviso fra nomi ben conosciuti nell’orologeria (come Meylan, Audemars, LeCoultre e Piguet, appunto), quasi tutti discendenti di Ugonotti scappati dalle sanguinose persecuzioni francesi.

Bene, ora che abbiamo sia pure sommariamente fatto i conti con un passato straordinario, passiamo ad un presente altrettanto straordinario. Che un giorno sarà anch’esso passato illustre.

Perché un restauro e non un movimento nuovo?

È quel che – ne sono certo – ti starai chiedendo. Visto che hanno a disposizione un Maestro dell’orologeria come Michel Parmigiani, perché “limitarsi” a un restauro? Cultura, è la mia risposta. Cultura limpida e pura come l’acqua delle montagne svizzere. Una cultura che Michel Parmigiani ha fatto propria e che Guido Terreni si sta tatuando sul cuore.

Michel nasce proprio come restauratore e sa bene come questo peculiare lavoro possa far nascere grandi tecnici progettisti (aggiungerei François-Paul Journe, tanto per non far nomi), la cui abilità viene guidata dai Maestri del passato. Perché fare restauro con un certo spirito equivale, appunto, a farsi insegnare il mestiere dai grandi protagonisti della storia dell’orologeria.

Questo modo d’essere Guido Terreni (ne ha parlato qui proprio lui) lo ha subito cominciato a capire. E credo che per lui La Rose Carrée abbia avuto anche la funzione d’un corso accelerato di cultura dell’orologeria e di come questa cultura possa essere applicata nell’attualità.

Direi anche di tener presente che gli orologi da tasca non costituiscono un richiamo commerciale poi così forte. Per quanto La Rose Carrée possa avere un valore elevato, si tratta solo della frazione di quanto si sarebbe potuto ricavare da un movimento nuovo di pacca con cui realizzare una serie limitata, dalla quale far discendere orologi in normale (ma comunque limitata) produzione.

Ma cosa è, precisamente, La Rose Carrée?

La Rose Carrée è un orologio da tasca con grande suoneria e ripetizione minuti, basato su un movimento (numero 5802) di Louis-Elisée Piguet. Grande bilanciere da 18.000 alternanze/ora, realizzato dallo stesso Piguet, 331 componenti (perni esclusi), 27 rubini. La cassa (64 mm di diametro per 20 di spessore) è realizzata in oro bianco, come la catena.

Una caratteristica tecnica di particolare interesse sta nella presenza di due bariletti, caricati dalla corona. Due bariletti concepiti non tanto per aumentare l’autonomia (che nella Rose Carrée è di 32 ore – soltanto, direbbe qualcuno), quanto per regolare al meglio e in modo relativamente semplice la costanza di marcia. Con una cessione d’energia anch’essa, appunto costante.

A guardar bene, è una delle caratteristiche principali dei movimenti progettati da Michel Parmigiani. Direi che non si sbaglia a supporre si tratti di un omaggio sincero, incondizionato, a Louis-Elisée Piguet e all’eredità tecnica da lui lasciata. Un’eredità fatta di razionale “semplicità”, ma in condizioni di assoluta eccellenza realizzativa. Chi ha effettuato il restauro era sbalordito per la qualità del lavoro, eseguita con tolleranze minime pur non disponendo delle attrezzature moderne.

Michel aveva acquistato questo calibro, senza cassa, verso la metà degli anni Novanta. Negli ultimi dodici mesi il movimento è stato restaurato al meglio e poi inciso con il motivo a quadrati concentrici sfalsati che ricorda quella Successione Aurea di Fibonacci. Saccheggiando ancora una volta l’insostituibile Treccani faccio notare che la sequenza scoperta da Leonardo Fibonacci, matematico pisano vissuto più o meno fra il 1170 e il 1240, “si presta a descrivere alcune regolarità osservabili in fenomeni naturali di crescita” specialmente nel mondo vegetale. Si vede bene quanta Italia ci sia in questo capolavoro dell’orologeria svizzera.

Titoli di coda

Uff, avrei avuto ancora moltissimo da dire e scrivere. E però un giornalista non deve mai approfittare troppo della pazienza di chi lo legge, per cui passo direttamente ai titoli di coda. Che sono una cosa rara, in orologeria. Tutto sembra fatto solo dai capi (e ne sapeva qualcosa lo stesso Louis-Elisée Piguet), ma Michel Parmigiani e Guido Terreni hanno voluto spezzare questa ferrea tradizione citando espressamente, anche nella cartella stampa, i protagonisti di questa avventura. Cultura, appunto, cultura onesta e trasparente.

Anne-Laure Parmigiani, tecnico specializzato e incisore, cui si deve il coordinamento del gruppo di lavoro (sì, è la figlia di Michel).
Anne-Marie Moser, designer.
Francis Rossignol, restauratore.
Christie Girel, restauratore.
Bernard Muller, specialista di anglage.
Laurent Jolliet, orafo che ha realizzato a mano la catena dell’orologio.
Eddy Jaquet, incisore.
Vanessa Lecci, artista dello smalto.
Les Artisans Boîtier, che hanno realizzato la cassa.
LM Cadrans, cui si deve lo spettacolare quadrante in onice.

E se adesso non vi alzate in piedi per una “standing ovation” sbagliate in maniera umiliante. Vi fate del male.