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Superocean, dallo Slow Motion a oggi. Così Breitling reinterpreta il passato

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“If everybody had an ocean/across the USA/then everybody’d be surfin’/Like Californi-a…”. Attacca così una canzone che ha quasi 60 anni, ma è partita nella mia mente appena ho visto il nuovo Superocean di Breitling.
Era il 1963 e i Beach Boys cantavano il manifesto di un’epoca, di un modo di vivere leggero e giocoso. Di una generazione che aveva riguadagnato l’innocenza dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, e che ancora non l’aveva persa nuovamente con quelli del Vietnam. Un mondo in cui il Superocean di Breitling c’era, e teneva il tempo sia sott’acqua sia in spiaggia.

Alle origini del Breitling Superocean

La creatura anfibia di Willy Breitling era infatti venuta alla luce sei anni prima, dopo una gravidanza da cui erano nati due gemelli eterozigoti: un subacqueo solo tempo, l’elegante Superocean Ref. 1004; e un cronografo, la sportiva Ref. 807. Gli anni ’50 furono infatti un periodo di fermento per l’orologeria, alla scoperta degli abissi. Oltre a Breitling, anche Rolex, Tudor, Blancpain e altri diedero vita in quel decennio a pezzi che, ancora oggi, popolano con successo le loro collezioni.

Tornando ai gemelli Breitling del 1957, il primo di loro, il Superocean Ref. 1004, è il nonno della recente collezione Superocean Heritage ’57; mentre il nonno dell’orologio appena presentato arrivò sette anni dopo, nel 1964, sempre grazie a un’intuizione di Herr Breitling.

Il signor Willy era infatti entusiasta del successone che la Ref. 807 aveva ottenuto tra i subacquei professionisti. Proprio perché andava al polso di gente che affidava in tutto e per tutto la propria sopravvivenza sott’acqua alla leggibilità dell’orologio, voleva però che quella leggibilità fosse facile e pratica. Cosa non sempre possibile con un contatore dei minuti piccolo, benché a contrasto.

La soluzione? Un ribaltone dal punto di vista del design, quasi una contraddizione in termini: dal cronografo sparì il contatore cronografico dei minuti. Ohibò, possibile? Sì, perché l’indicazione del tempo di immersione fu affidata alla lancetta principale del cronografo, quella centrale, alla quale Willy Breitling tirò, per così dire, il freno a mano.

La lancetta… alla moviola

Sulla base del calibro Venus 188 ampiamente utilizzato da Breitling (ma poi ci fu anche il Valjoux 7731), il marchio sviluppò un nuovo movimento e lo chiamò Slow Motion. La lancetta centrale del cronografo compiva infatti un giro completo in un’ora anziché in un minuto, consentendo di leggere il tempo di immersione attraverso essa e i numeri sulla minuteria del quadrante.

L’orologio, la Ref. 2005 Superocean Slow Motion, era quindi utilissimo allo scopo, ma aveva un limite: come faceva il subacqueo a capire che il cronografo era attivato, dal momento che la lancetta aveva un moto molto lento? Un limite che poteva fare la differenza tra la vita e la morte.

La soluzione tecnica inventata da Breitling per superare il problema fu l’inserimento di un indicatore circolare di marcia, a ore 6 sul quadrante. Qualcosa che ricordava, per forma e posizione, il disco presente sul quadrante del Fifty Fathoms Mil-Spec di Blancpain. Là, il cambio di colore del disco indicava la presenza di acqua nella cassa, qui indicava l’on/off del cronografo. Quando quest’ultimo era attivato, l’indicatore appariva giallo; se era nero con un puntino giallo nel centro, il cronografo era in stand-by; se era del tutto nero, il cronografo era azzerato e fermo.

Il fatto che Breitling, con il nuovo Superocean, abbia scelto di richiamarsi a questo particolare pezzo della propria storia va nella direzione che il Ceo Georges Kern ha voluto dare all’azienda da quando si è insediato. Una direzione che è fatta di attenzione al ricco patrimonio di referenze di Breitling, che diventa fonte di ispirazione per le nuove collezioni, senza scimmiottare il passato. Al contrario, rendendolo moderno e appetibile a nuove generazioni di consumatori.

Il nuovo Superocean: dettagli e calibro

Ma che cos’ha il nuovo orologio che ricorda i pezzi del marchio degli anni ’60? Principalmente il design. Che oggi ha delle caratteristiche e dei canoni che a noi sembrano fin troppo scontati per un subacqueo, ma che ha le proprie radici ben piantate in quegli anni di ricerca forsennata. A partire dalla parola d’ordine alla base di quegli orologi, che si ritrova nel nuovo Superocean: leggibilità.

I quadranti delle varie referenze hanno bene in vista tutto ciò che serve e non hanno ciò che non è utile, a partire dal datario. Non c’è, naturalmente, neppure il disco che indicava lo stato del cronografo, dal momento che questo Breitling è un solo tempo. Il réhaut inclinato con la minuteria a contrasto, gli indici applicati belli massicci e inondati di Super-LumiNova, così come le lancette, sono una lezione di chiarezza.

A proposito di lancette, se quella centrale dei secondi ha la punta cosiddetta “lollipop”, o a lecca-lecca, quella dei minuti ha la punta quadrata come in alcune delle referenze degli anni ’60-‘70. È un po’ ingombrante, ma assolve alla propria funzione in un orologio subacqueo che, come ricorda Breitling, è “perfetto anche per il nuoto, il surf e come accessorio da sfoggiare in spiaggia”.

Per quanto riguarda il movimento, Breitling è andata sul sicuro, affidando il nuovo Superocean alle prestazioni del calibro B17, una meccanica largamente presente nelle collezioni Avenger, Superocean e Navitimer. È un movimento automatico su base ETA 2824-2, da 28.800 alternanze/ora e 38 ore di autonomia. Una scelta in qualche modo conservativa, che sottolinea come in questo orologio ciò che conta di più è quello che si vede.

Ce n’è per tutti i gusti

E ciò che si vede è tanto, specialmente in termini di referenze. Come per il nuovo Navitimer, presentato lo scorso marzo, anche per il Superocean la banda Kern non si è risparmiata, sfornandone la bellezza di 28, distribuite tra quattro misure di cassa: 46, 44, 42 e 36 mm. Casse che sono per la maggior parte in acciaio tranne che per due referenze in bronzo: una da 44 mm, con quadrante e cinturino di caucciù marroni, e una da 42 mm in verde.

Il colore la fa da padrone nell’intera collezione. I quadranti vanno dal nero al blu, dal bianco al verde, dal marrone a un azzurro turchese che in fotografia (purtroppo non li ho ancora visti dal vivo, mannaggia…) tende quasi a una tonalità Tiffany. C’è anche l’arancione, sia con cassa da 36 sia in una edizione limitata da 42 mm firmata insieme al campione di surf Kelly Slater, da anni membro della Breitling Surfer Squad e volto del marchio svizzero.

In alternativa al cinturino in caucciù, gli orologi sono disponibili con un bracciale in acciaio a tre file dal design rinnovato. Le due referenze in bronzo montano solo il cinturino, così come la referenza più preziosa, che ha la cassa da 42 mm, la lunetta e la corona in acciaio e oro rosso.

Come è lecito aspettarsi, data l’estensione dell’assortimento, la forbice di prezzo è piuttosto ampia: va dai 4.350 euro della referenza da 36 mm con cinturino, fino ai 6.400 euro di quella in acciaio e oro. L’edizione limitata è invece in vendita a 4.650 euro.

Quella vocina che…

Che dire… Breitling ha ridisegnato dalle basi una collezione già di per sé vincente, che però da alcuni anni non veniva toccata. È noto che, a un certo punto del proprio ciclo di vita, ogni prodotto esige una rinfrescata per far sì che il consumatore continui a percepirne la modernità e la presenza sul mercato. Visto il risultato del nuovo Superocean, però, penso che ci sia qualcosa in più.

Penso che l’orologio sia un messaggio di Breitling a un certo tipo di clientela: giovane ma attenta alla qualità, attratta dall’estetica ma non digiuna di meccanica. Un messaggio lanciato con una vocina che dice: «Ehi, io so fare queste cose, penso di saperle fare bene e penso che siano ciò che stai cercando. Ti va di seguirmi?». Vedremo se questa vocina saprà farsi ascoltare.