Approfondimenti

La manifattura di H.Moser & Cie.: l’atelier a misura d’uomo

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Fine maggio. Il pulmino lascia me e altri ospiti di fronte alla manifattura di H.Moser & Cie. a Neuhausen am Rheinfall, Canton Sciaffusa, Svizzera. È un mattino di meteo incerto. Incerto come il mio sguardo di fronte all’edificio. Ne ho viste tante di manifatture, ma al primo impatto qualcosa mi dice che questa volta mi aspetta qualcosa di diverso. Una sensazione. Perché già l’ingresso dice molto sul mondo che si apre una volta attraversata quella semplice porta a vetri.

Nessuna costruzione magniloquente, nessuna reception super-moderna, nessuna prosopopea sull’heritage del marchio. Entri da H.Moser & Cie. e ti sembra di trovarti in una qualunque nostra azienda manifatturiera. Se non fosse per le fotografie dei vari Pioneer o degli Streamliner appese con parsimonia all’ingresso, penseresti che lì dentro producono piastrelle o cavi elettrici. E invece…

Invece da quelle stanze escono alcuni degli orologi più desiderati sul mercato attuale. Merito di un prodotto di altissima fattura, dove la quantità è al servizio della qualità; il tutto sostenuto da una politica commerciale e di comunicazione intelligente, che porta a una crescita costante della desiderabilità di quei prodotti. Un orologio di H.Moser & Cie., oggi, è per molti appassionati un punto di arrivo e un pezzo irrinunciabile in collezione. E hanno ragione.

H.Moser & Cie. e Precision Engineering

Giusto per ribadire la peculiarità della manifattura di H.Moser & Cie, la nostra visita comincia nel modo meno rutilante possibile: dal sotterraneo. Ovviamente non uno scantinato umido e buio, ma la parte dell’edificio in cui trova spazio la Precision Engineering. È l’azienda che, insieme a H. Moser & Cie. e Hautlence, appartiene a Melb Luxe group, e che è specializzata nello sviluppo e nella produzione dei bilancieri e degli scappamenti. In sostanza, è come se lì dentro dessero forma ai neuroni che compongono il cervello di un orologio.

Il “neurochirurgo” che dirige le operazioni è Stephan, giovane ingegnere che ci racconta i segreti delle spirali di Moser. E abbiamo il privilegio di vederle nascere sotto ai nostri occhi. A partire da un filo metallico che, spiega, è fatto con una lega di diversi componenti (titanio, alluminio, cromo, cobalto…) che concorrono a creare un materiale stabile, affidabile e in grado di compensare le variazioni termiche.

Un filo che, all’inizio, ha un diametro di 0,5 mm. Essendo fatto di un materiale molto duttile, passa in una trafila che, diametro dopo diametro, lo porta a 0,1 mm. Stirato così tanto che la bobina iniziale da 0,5 mm, lunga 100 metri, diventa di 4 km a 0,1 mm. Il filo passa poi in quattro successive vasche di lavaggio per eliminare le impurità e in una macchina che, da cilindrico, lo rende piatto. Per poi essere tagliato e i vari segmenti avvolti fino a diventare spirali.

Fin qui le macchine. Poi arrivano le signore che a mano, dico a mano, assemblano sui bilancieri le spirali, sia quelle doppie sia le spirali Breguet. Regolandone la bilanciatura con piccoli contrappesi fino a trovare quella precisa, come fa il gommista con gli pneumatici. Perché senza il bilanciamento corretto, la precisione dell’orologio cala. A mano, con il microscopio o con una lente. Non dimenticatevi di questi pezzi e delle altre parti che escono da Precision Engineering: ritroveremo tutto due piani più sopra.

La meccanica intelligente

Se le stanze di Precision Engineering sono una via di mezzo tra lo studio di un antico alchimista e un laboratorio di ricerca avanzatissima, i locali che si trovano al pian terreno della manifattura di H.Moser & Cie. sono il paradiso della meccanica. Rumore, odore di olio lubrificante e di metallo lavorato ti accolgono varcata la prima porta, che immette in un mondo popolato da poche persone, che si limitano a sorvegliare discretamente il lavoro delle macchine. Tante. 

Sono le avanzatissime macchine a controllo numerico, alle quali è affidato il compito più rude ma non meno importante: quello di dare forma a quelle parti dell’orologio che amo definire gregarie. Platine, ponti, viti, sono quei componenti a volte finemente decorati ma più spesso silenziosamente al servizio dell’architettura del calibro. Che però, se mancassero della precisione nel taglio e di una perfetta pulitura, sarebbero solo dei pezzi sagomati di metallo.

Metallo spesso prezioso. Singolare vedere, nella parte posteriore di alcune di queste macchine, piccoli bidoni pieni di trucioli, bave e scarti d’oro. Roba da infilarci entrambe le braccia e uscire con un paio di manciate da mettersi in tasca. Ho dovuto resistere alla tentazione: in Svizzera la giustizia fa sul serio e poi, ci hanno spiegato, quelli sono sì scarti, ma destinati alla rifusione e al riutilizzo.

Economia circolare anche sui metalli preziosi. Dico anche, perché l’olio lubrificante e i liquidi utilizzati da queste macchine di H.Moser & Cie. nel loro processo industriale sono costantemente filtrati e rimessi in circolo. Gli scarti e il loro impatto ambientale sono limitati al minimo.

E poi ti capita di vedere, a fianco delle macchine Cnc che ricordano dei robot della fantascienza, qualcosa che arriva dal passato. Un banco pieno di lucine, scomparti, con un dinamometro d’antan in cui l’unico tocco moderno è un microscopio. La macchina, ci spiega un tecnico, risale agli anni ‘60 e misura la potenza di una spirale per decidere poi, in base a essa, per quale orologio è adatta. «È vecchia ma ancora molto precisa e svolge il suo compito alla perfezione», ci dice.

Salire alle stelle

La mia salita alle stelle, partita dal piano -1, si completa al piano 1 della manifattura di H.Moser & Cie. Alle stelle, perché lì ci sono le stanze delle meraviglie. Atelier delle complicazioni, regolazioni, assemblaggio finale mi accolgono in rapida sequenza. Lì ritrovo quello che è comune a tutte le manifatture da me visitate negli anni: atmosfera ovattata, silenzio e luce.

Soprattutto la luce naturale, quella che negli altri piani mancava e che in queste stanze è vita. «Mehr Licht», «più luce» sono state le ultime parole di Goethe prima di morire. Le stesse che un orologiaio, non solo di Moser, manda a mente ogni volta che si siede al suo banco di lavoro per mettere mani e occhi su un calibro. E lì, al primo piano della manifattura di H.Moser & Cie., di orologiai seduti al banco non ce ne sono parecchi, ma hanno tra le dita alcuni pezzi da far girare la testa. Ciascuno di questi ragazzi e ragazze ha un compito ben preciso e qualcuno di loro ha saputo stupirmi con dettagli che non conoscevo, perché strettamente legati ai prodotti Moser. Volete saperne di più? Non perdetevi la seconda parte del mio racconto e la gallery fotografica. Ho scattato io buona parte delle immagini e anche se non sono un professionista eccelso, danno più l’idea dell’esperienza in presa diretta. Continua…