Storia e storie

Ruhla: gli elettrici della Ddr

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1862. A Ruhla, nella regione tedesca della Turingia, nacque una fabbrica metallurgica che prese il nome della città. Nella prima metà del Novecento era già affermata nella produzione di orologi. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Urss la confiscò e ne mantenne la proprietà fino al 1952, quando la trasferì alla Ddr. Allora il Partito impose brutalmente la chiusura degli stabilimenti sia di Ruhla sia di Glashütte, in Sassonia. Azzerando la produzione orologiera in Germania, intendeva assicurare un mercato all’orologeria sovietica, decisamente inferiore rispetto a quella tedesca tanto nella qualità quanto nel progresso tecnico.

I tedeschi di Ruhla progettarono a tutta velocità un movimento elettrodinamico con contatto elettrico, bilanciere con bobina mobile e magneti fissati sulla platina. Il loro scopo era scongiurare la chiusura della propria fabbrica, convincendo i sovietici con un progetto tecnologicamente rilevante. Era il 1960, l’anno di uscita del Bulova Accutron 214. Nel ‘58 c’era stato l’annuncio urbi et orbi dell’Hamilton 500 e del Lip R27, che erano costati agli americani e ai francesi tanta fatica, senza ottenere però i risultati sperati. Ricordo che Elgin, l’azienda americana che aveva collaborato nello sviluppo dell’R27, era finita in bancarotta ed era stata costretta a vendere il proprio marchio.

Ruhla e Günter Krug

Ai tedeschi invece l’operazione riuscì. Lo sviluppo del calibro era iniziato nel ’59, con l’ingegner Günter Krug a soprintendere il progetto. Il quale così racconta nelle sue memorie: “Nel luglio del 1959 la dirigenza della Ruhla mi commissionò lo sviluppo del primo orologio elettrico realizzato nella Repubblica Democratica Tedesca. Quando iniziai il lavoro, non avevo idea di com’era fatta una resistenza, una bobina o un contatto elettrico. Era un universo completamente nuovo per me. Iniziai così a studiare i principi dell’elettromeccanica, documentandomi sulle tecnologie disponibili al momento e cercando di elaborare soluzioni abbastanza affidabili per evitare problemi sia durante lo sviluppo del movimento che di funzionalità.

Dato che l’orologio elettrico era già una realtà negli Usa fin dal 1958 – ma anche prima, come quello prodotto dalla Elgin e poi il famoso Hamilton Electric -, avevo del tutto fiducia nella riuscita del nostro progetto. Anche l’Ovest aveva fatto la sua parte nella realizzazione di un orologio elettrico, come per esempio la Epperlein di Pforzheim, che aveva creato un calibro raffinato ma molto fragile, per cui andò quasi subito fuori produzione. Epperlein rinunciò quindi al progetto, ma anche a un importante bacino di mercato. E ora avevamo la concorrenza da affrontare: l’Ovest. E noi, della Umf Ruhla potevamo fare di meglio? Certamente! Arrivammo a produrlo a pieno regime nel 1964/65″.

Le difficoltà

E in effetti nel 1964 quel progetto valse a Krug il Premio Nazionale per la Scienza e la Tecnologia, mentre la Ruhla si aggiudicò la Medaglia d’oro alla Fiera di Lipsia l’anno successivo. Tuttavia ciò che ostacolava l’industrializzazione era il problema delle pile, difficili da reperire dopo la costruzione del Muro. Racconta sempre Krug: “L’orologio elettrico ha bisogno di un elemento fondamentale per il suo funzionamento: la batteria. La Ruhla esportava orologi in tutto il mondo, anche nella Repubblica Federale, usando i marchi degli importatori. In questa maniera riuscivamo anche ad esportare i nostri orologi negli Usa. Ma avevamo sempre il problema della batteria. Utilizzavamo batterie Mallory per i nostri elettrici, anche nella Ddr.

Il 1961 fu l’anno della costruzione del muro di protezione antifascista che segnò per i cittadini della Ddr la fine degli accordi commerciali con l’Ovest e creò un problema non di poco conto per noi: la mancanza di materie prime a prezzi agevolati. Così, fummo costretti a rallentare la produzione dei calibri, a modificarli anche sulla catena di montaggio, per sostituire le componenti importate con altre prodotte direttamente da noi in casa, e ridurre così la nostra dipendenza dalle materie prime straniere. La lista degli importatori era anche lunga, e per evitare il collasso della produzione, dovemmo affidarci alle case orologiere sovietiche per sostituire temporaneamente i nostri movimenti meccanici con i loro”.

In effetti Ruhla presentò il calibro 25 alla Fiera di Lipsia nel settembre 1962 e lo distribuì nei negozi a fine anno, con un prezzo di 190 marchi. Come detto, però, dovette attendere ancora 3 anni prima di riuscire a produrlo in una certa quantità. Tuttavia non raggiunse mai i livelli di produzione del calibro 24, un meccanico di estremo successo, che conobbe numerose variazioni. Per capirci meglio, nel giro di pochi anni la Ruhla ne produsse 5 milioni di unità, con tutti i componenti realizzati in-house.

Il calibro Ruhla 25: caratteristiche e variazioni sul tema

Comunque, il calibro 25 era robusto e di buona qualità: era montato su 17 rubini (di cui 3 senza funzioni meccaniche), contava 2,5 oscillazioni al secondo e misurava 24 mm di diametro per 6,3 di spessore. Ruhla lo ha prodotto nella versione 25-10 a due lancette, e nelle versioni 25-12, 25-80 e 25-82 a tre lancette – gli ultimi due in grado di autoavviarsi, mentre il gli altri dovevano essere scossi per avviare il bilanciere. Esisteva anche in una versione con l’illuminazione notturna che si accendeva con un pulsante al 2. La corona invece era al 4. La bobina era incollata al bilanciere, col sottilissimo filo di rame che passava libero fino al contatto mobile, per cui era necessaria estrema attenzione durante lo smontaggio.

Una curiosità: il calibro 25 equipaggiava come orologio di bordo anche la Wartburg 353, l’utilitaria prodotta nella Germania Est dalla lunga carriera commerciale.

Nel 1967 Ruhla rimpiazzò il calibro 25 con il calibro 26, che essenzialmente era una versione più economica, meno curata nelle finiture e con un numero inferiore di rubini. L’obiettivo era poter esportare il movimento negli Usa, dove i dazi crescevano in proporzione all’aumentare delle pietre. La frequenza del bilanciere passò a 4 Hz, ovvero 28.800 alternanze orarie. Ospitava una pila più grande, LR44 al posto di LR43 per aumentare l’autonomia. Il costo scese a 155 marchi.
La produzione cessò nel 1975, quando il calibro 25 e 26 faranno posto al calibro 28 al quarzo, cui dedicheremo un prossimo approfondimento.

Oltre il Muro

Sebbene il calibro 25 non raggiunse mai l’industrializzazione in larga scala, Ruhla fu in grado di produrne circa 50.000 esemplari l’anno. E li esportò sotto vari nomi: Champion, Newport, Chronelex, Lafayette, Worldtime, Unilectric e altri ancora. Con alcuni di questi marchi riuscì a raggiungere perfino gli Stati Uniti, grazie a Roland Gsell, un orologiaio e imprenditore svizzero con cittadinanza americana. Fu lui a cogliere l’opportunità di mettere in vendita orologi più affidabili dei Timex M87 e più rifiniti degli M40 (francamente orrendi una volta aperto il fondello) e che costassero meno degli Hamilton 500/505.

Mise così in piedi un business redditizio. Per prima cosa importava dalla Germania orientale il calibro 25 di Ruhla tramite la Ermi, una sua controllata tedesco-occidentale. Una volta oltrepassato il Muro, i movimenti erano incassati negli orologi dei marchi citati sopra. Sul quadrante, la scritta “West Germany” aggirava il divieto di commercio con gli Stati socialisti.

Al giorno d’oggi gli esemplari con calibro 25 e 26 si trovano con una certa facilità sul mercato dell’usato, ma raramente marciano bene. Non solo il bilanciere e l’alimentazione elettrica richiedono una faticosa messa a punto, ma spesso non si capisce il motivo per cui proprio non funzionino.