Storia e storie

Rolex FAN (a led!) e altri progetti rimasti nel cassetto

{"autoplay":"false","autoplay_speed":"3000","speed":"300","arrows":"true","dots":"true","loop":"true","nav_slide_column":5}
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image

Riprendiamo il discorso sulla storia degli orologi elettronici...
La “comunità d’interesse” del CEH non si esaurisce con la presentazione del Beta 21. Anzi, andrà avanti fino al 1999, occupandosi di studi via via diversi che daranno luogo a molte innovazioni e brevetti. In questo articolo puntiamo il faro in particolare su due progetti intrapresi quando il Beta 21 si avviava all’industrializzazione. Il primo è il cosiddetto progetto Gamma, il secondo il progetto Delta. Da quest’ultimo deriverà anche il Rolex FAN, un esemplare curioso rimasto praticamente sconosciuto. Rientra nel contesto anche il Bulova Thermatron, che in realtà conobbe la realizzazione ma fu ben presto abbandonato. Perché in effetti questi progetti hanno una cosa in comune: la loro esistenza è nota solo a un ritretto numero di appassionati. Per il resto, la Storia li ha tutti dimenticati.

Il Progetto Gamma

Il primo progetto riguardava un calibro da donna, contenuto in 20 mm di diametro. Si utilizza ancora una volta il diapason ma qui, oltre alla dimensione ridotta, si studia per trovare una soluzione che aumenti ancora la precisione e diminuisca il consumo di corrente. Il diapason tradizionale lavora in flessione, perciò la parte esterna dei bracci si estende e quella interna si comprime. Questo porta uno scambio di calore tra il lato flesso e quello esteso e quindi dissipazione di energia.

Il problema si risolve inventando un diapason simmetrico a torsione. La torsione di un corpo non porta infatti alcuna variazione di volume e di conseguenza nessun transito di calore, opponendo perciò meno resistenza. I due bracci arcuati sono uniti da un asse centrale fissato alla cassa, che è anche l’elemento torcente; ad una estremità dell’arco ci sono i magneti e all’altro dei contrappesi. Il tutto deve essere relativamente voluminoso per ottenere un moto regolare. La bobina fissata sotto i magneti li spinge non verso l’esterno, come nei diapason tradizionali, ma uno verso l’alto e l’altro verso il basso, alternativamente. Lungo l’asse centrale è fissato l’indice che spingendo la prima ruota trasforma il moto di torsione in rotazione.

Si procede anche a studiare due tipi di indici: uno tradizionale, con un indice fisso che trattiene la ruota mentre l’altro torna indietro; e un interessante sistema a doppio indice “push-pull” dove uno dei due è fissato sopra e l’altro sotto l’asse – in questo modo mentre uno dei due torna indietro l’altro va avanti.
Il calibro così ottenuto misura 20 x 4,8mm e una precisione di meno di un secondo al giorno. Il progetto raccolse l’interesse di Rolex e di Jaeger-LeCoultre, che nel 1972 firmarono un contratto per realizzarlo. Ma col progresso travolgente dei quarzi venne accantonato definitivamente nel 1973.

Il progetto Delta

Nel 1970 il CEH aveva iniziato a studiare anche un orologio puramente elettronico, senza parti in movimento. Questo studio viene chiamato progetto Delta. È chiaro a tutti che la corrente di una sola pila non potrà mai bastare con la tecnologia dei Led disponibili all’epoca. Anziché usare cifre luminose per la lettura diretta, quindi, si emulano delle lancette con un display a matrice punti: questo perché i punti sono più piccoli, ne servono meno e quindi consumano molto meno.

Poi si passa alla fonte di alimentazione supplementare: si piazza una cella solare al centro del display che di giorno ricarichi la batteria interna. Di giorno, infatti, servono punti più luminosi per leggere bene e il consumo aumenta di conseguenza. Il primo prototipo fu presentato nel 1972, ma i lavori proseguono fino al 1981, quando finalmente sono disponibili Led molto più parchi di corrente. A quella data però sembra che il progetto sia destinato a morire per mancanza di interesse da parte dell’industria. Finché non se ne interessa Rolex.

Il Rolex FAN

Siamo a metà anni Settanta. L’allora Presidente di Rolex, succeduto al fondatore Hans Wilsdorf, è André Heiningen, interessato agli orologi al quarzo per i quali cerca nuove idee di design. Accanto a lui c’è il Direttore tecnico René Le Coultre che sente parlare del progetto Delta. Sebbene sia consapevole che difficilmente raggiungerà la produzione, lo propone al suo capo. Heiningen lo approva. I due coinvolgono quindi gli esperti di elettronica del CEH Raymond Villeumier ed Edmond Zaugg, che seguivano gli studi del Delta. Nasce così il progetto Rolex FAN: l’acronimo sta per Forme ANalogique con cui lo si definisce in azienda.

Tra il 1975 e il ’76, Le Coultre, Villeumier e Zaugg compiono tre viaggi negli Stati Uniti alla ricerca dei fornitori per realizzare praticamente i componenti: individuano HP per il display e Ceramic Systems per il modulo connettore multistrato. Il circuito integrato lo avrebbe prodotto il CEH, dell’assemblaggio si sarebbe occupata la Rolex stessa. Già nel 1975 il progetto Rolex FAN si concretizza nel calibro 7035.

Anche qui l’idea è quella di emulare un quadrante analogico, ma con tecnologia a diodi luminosi: 7 led tratteggiano la lancetta dei minuti, altri 4 quella delle ore, i secondi sono rappresentati da un singolo led che scorre sotto la minuteria. Altri led sostituiscono gli indici delle ore: quelli al 3, 6, 9 e due led al 12 (al minuto 1 e 59 per l’esattezza) rimangono sempre accesi. La data è riportata in una tradizionale finestrella, ma è un display a due cifre visualizzate tramite 7 barre e si trova al centro del quadrante.

Le peculiarità del Rolex FAN

Messo a confronto con il progetto Delta, il Rolex FAN rivela alcune differenze. L’esemplare del progetto Delta doveva rimanere sempre acceso: per compensare l’elevato consumo di energia, ingloba alcune celle solari che ricaricano la pila. Un fotodiodo posto accanto al display della data provvede a regolare la luminosità e ad abbassarla durante la notte per limitare l’assorbimento di corrente, visto che al buio il consumo è tutto a carico della batteria.

Il calibro 7035 invece non prevede l’accensione continua: la visualizzazione avviene su richiesta, tramite un apposito tasto. Con una singola pressione si provvede a illuminare i led, con due si accende il datario e con tre appare il mese al posto della data. Il fotodiodo rimane comunque per regolare la luminosità.
Nel 1978 il Rolex FAN era già stato sviluppato in 5 prototipi. Però, a dispetto dell’investimento di milioni di franchi, Heiningen si rende conto che il risultato è troppo distante dalla filosofia Rolex. Quindi elimina il progetto.

Il Bulova Thermatron

Un’altra idea uscita dai cassetti del CEH e che invece è arrivata alla produzione è l’orologio termoelettrico, in cui l’alimentazione è assicurata da celle di Peltier. Queste sono composte da due piastrine di metalli diversi accoppiati; la differenza di temperatura presente tra i due metalli produce energia elettrica. Nell’orologio termoelettrico la lunetta e il fondello costituiscono le celle di Peltier. La prima, rivolta verso l’esterno, doveva risultare teoricamente più fredda; il secondo, a contatto con il polso, più caldo. Una differenza di 1,5°C tra il polso e l’ambiente bastava a produrre la corrente necessaria ad alimentare un orologio.

Il nuovo progetto arriva sul mercato nel 1981 col nome di Bulova Thermatron: il movimento era un quarzo di derivazione Citizen con una batteria ricaricabile ed era circondato da celle di Peltier. Fu un clamoroso fiasco tecnico, che mise a dura prova le casse della Casa americana. Se non si indossava regolarmente l’orologio, la pila ricaricabile si scaricava del tutto e a quel punto le celle non erano più in grado di ricaricarla. La conseguenza fu che la maggior parte degli esemplari tornò in assistenza. Al giorno d’oggi è difficile trovare pezzi funzionanti sul mercato antiquario. Molti poi sono stati riconvertiti all’utilizzo di normali pile a bottone.