Storia e storie

L’Eta Delirium e la corsa alla sottigliezza

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Con il nostro racconto stiamo ormai giungendo alla fine degli anni ‘70. La guerra per il mercato di massa sta volgendo male per gli svizzeri, il quarzo sta diventando sempre più economico e sta occupando pressoché tutte le fasce di mercato. In Svizzera si sta facendo largo l’idea che sia impossibile competere sul prezzo, ma che si debba alzare l’asticella della qualità e dell’innovazione. A dire il vero, l’arrivo di lì a qualche anno degli Swatch smentì in parte questo assunto.
Nel 1978 i giapponesi presentarono un orologio di soli 3 mm di spessore. Questa fu la molla che spinse Maurice Grimm a dedicarsi all’ideazione di un movimento ancora più sottile. Se non si possono battere sulla quantità, che sia perlomeno possibile riprendersi lo scettro dell’innovazione. Ed è così che si arriva all’Eta Delirium.

Maurice Grimm, progettista geniale

Grimm non è proprio l’ultimo arrivato. Ha studiato all’École technique di La Chaux-de-Fonds, è progettista di orologi e nel periodo di cui stiamo parlando ha già lavorato in Jaeger-Le Coultre, Audemars Piguet, Omega e Movado. Quando arriva l’epoca del quarzo si specializza anche in elettronica. In quel momento stava lavorando in Eta, che entro pochi anni sarebbe stata assorbita nel Gruppo Swatch.

Lui stesso racconta così la genesi del progetto: «Nel 1978 ci fu una sorta di click nella fabbricazione di orologi elettronici, perché i giapponesi avevano presentato un orologio inferiore ai 3 mm di spessore. Il mio Direttore tecnico insisté perché se ne facesse uno al di sotto dei 2 millimetri. Ho voluto accettare la sfida. Mi ricordo che una sera ero nel mio ufficio e mi divertivo a disegnare su un blocco a quadretti da 4 millimetri, a grandezza reale lo spessore del mio orologio. Ero preoccupato. “In questi due millimetri”, mi sono detto, “devo mettere un quarzo, un circuito elettronico con più di 800 transistor, un motore, delle ruote e una pila”. Detto questo, dovevo trovare molto velocemente una soluzione; in sei mesi avevamo un orologio che detronizzò i giapponesi. Dovettero ritirare dal mercato il loro orologio».

La genesi dell’Eta Delirium

I problemi da risolvere non erano pochi. Prima di tutto reperire i componenti: Grimm voleva che fossero tutti di produzione svizzera. Dopo anni di importazione di circuiti integrati dagli Stati Uniti e di quarzi dal Giappone, gli elvetici si erano resi indipendenti e stavano perfino diventando grossi esportatori. Dopo aver reperito le componenti, il secondo problema era far entrare in uno spessore simile il quarzo. Alla fine degli anni ‘70 il grosso parallelepipedo tagliato a mano che regolava gli orologi da polso dell’inizio del decennio era diventato un ben più piccolo diapason inserito in un tubetto cilindrico. Piccolo, ma pur sempre grossotto rispetto all’idea che aveva Grimm: dovette limare il tubetto per farlo entrare nei prototipi.

Il problema maggiore, però, era il terzo: far entrare tutti i ruotismi. E qui, Grimm tira fuori il vero colpo di genio: fare a meno dei ponti! Come si sa, fino ad allora i movimenti degli orologi erano tenuti insieme dai ponti superiore e inferiore a formare un unico meccanismo, poi incassato. La sua idea è fare del tutto a meno dei ponti e imperniare le ruote direttamente sulla cassa, rendendola così un elemento strutturale.
Quest’ idea, mai vista prima di allora, verrà brevettata. E sarà alla base di un prodotto di vastissimo successo: è infatti la modalità costruttiva degli Swatch, i quali hanno tutte le ruote imperniate sul fondo della cassa – in questo caso per questioni di economia e non di spessore, dal momento che anche gli Skin attuali si fermano a 5,5 mm.

Imperniare i ruotismi direttamente sul fondello della cassa però è alla base anche degli ultrapiatti meccanici dei giorni nostri. Basti pensare a certi Piaget Altiplano di ultima generazione o ai Bulgari Finissimo per ritrovare la stessa costruzione.

Dal nome Delirium alla produzione

Last but not least, il nome in codice da dare al progetto. In questo, Grimm non si è rivelato geniale come negli altri aspetti. In francese, il termine ultrasottile si dice très mince, che suona simile al latino tremens. Da lì gli viene in mente delirium tremens. Poi, dal momento che invece in tedesco il gioco di parole non vuol dire nulla, tiene solo la prima parola. E Delirium sia!

Eta, per statuto, produce solo progetti e movimenti ma non orologi. Quelle rare volte che ha messo in vendita prodotti completi, tipo il curioso Esa 9176, ha fatto ricorso a nomi diversi. Le case che monteranno l’Eta Delirium saranno quattro: Longines, Eterna, Concord e Omega. Nota sempre Grimm con una certa ironia: «Ognuno lo vendeva a nome suo, ognuno diceva che era lui che l’aveva fabbricato. Ne ho ricavato qualcosa: mi hanno pagato 15 giorni di vacanza in America».

E infatti Longines chiamerà l’orologio Feuille d’or (o Golden Leaf). Eterna, semplicemente Quartz. Concord (con poca originalità) Delirium. Mentre Omega sceglierà l’inspiegabile nome di Dinosaure. Ognuno di loro interpreta l’Eta Delirium in modo personale, portando al movimento ulteriori affinamenti. Ne sarà prodotta persino una strabiliante versione da 0,98 mm, che risulterà rischiosa da indossare perché si incurvava con la semplice azione di stringere il cinturino.

I pezzi prodotti alla fine saranno oltre 11.000, che non è poco per orologi che andavano dai 4.500 ai 15.000 dollari dell’epoca. Al di là, però, del successo del singolo prodotto, sarà importante la strada aperta, che porterà alla rinascita dell’orologeria svizzera grazie a Swatch. Le idee infatti che renderanno possibile produrre in Europa orologi poco costosi sono già tutte presenti qui.