Attualità

Gli artigiani di Chopard: un mondo di emozioni (e di savoir-faire)

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Si chiamano Paulo, Jean-Claude e Mo, Laura e Anthony, Carlos e Christophe (ma ce ne sono tanti altri: impossibile citarli tutti). Con il loro savoir-faire, creano esemplari famosi in tutto il mondo. Sono gli artigiani di Chopard. Poche maison possono vantare la padronanza assoluta di tutti i mestieri dell’orologeria e della gioielleria: Chopard è una di queste. E ha ora deciso di aprire le porte dei propri laboratori per mettere sotto la luce della ribalta le donne e gli uomini che danno forma alle proprie creazioni.

Per realizzare un lingotto d’oro di 8 chilogrammi, Paulo utilizza 6 chili di oro puro e 2 chili di lega. Se aggiunge più rame ottiene l’oro rosso. Con più argento, il metallo acquista un colore più giallo. Per quello bianco, invece, ricorre al palladio. Poche maison svizzere di orologeria dispongono di una fonderia. Karl Scheufele, padre di Caroline e Karl-Friedrich Scheufele, attuali Co-presidenti di Chopard, ebbe questa idea visionaria nel 1978: integrare e verticalizzare la produzione, a partire dalla fusione dell’oro.

Con la propria manifattura interna, Chopard può dunque scegliere la materia prima con cui realizzare gioielli e orologi. A partire da luglio 2018, ha colto anche la possibilità di utilizzare esclusivamente oro etico, proveniente da miniere responsabili.
Dal piano interrato dello stabilimento di Ginevra escono ogni giorno da 6 a 8 lingotti d’oro utilizzati per il corpo dei gioielli e la cassa degli orologi. Lì, in un laboratorio che sembra l’antro di un alchimista, Paulo fonde l’oro di Chopard e realizza le diverse leghe. Ogni barra d’oro è numerata. Da ciascuna viene prelevato un piccolo campione inviato al Controllo dei Metalli Preziosi (Pmc) che lo analizza ed emette il certificato con il titolo dell’oro.

«Alcuni vedono in me un alchimista, perché trasformo i metalli preziosi e lavoro sull’oro 100 per cento etico di Chopard. Il fatto che persone del mondo intero indossino un orologio o un gioiello fabbricato con “il mio” oro mi riempie di orgoglio. È un po’ come se contribuissi a trasformare i loro sogni in realtà», confida. E Paulo e solo uno dei tanti artigiani di Chopard capaci di concretizzare le idee di Caroline e Karl-Friedrich Scheufele in capolavori di orologeria e gioielleria.

Da Paulo che fonde l’oro a Jean-Claude e Mo che disegnano gli schizzi dei gioielli. Ogni creazione parte da un’idea di Caroline Scheufele, ed è lei a scegliere le pietre preziose. In particolare, questi due artigiani di Chopard hanno il compito di dare alle idee forma e colore. Prima con i pennarelli Pantone, le matite colorate o gli acquarelli, e poi con la tecnica del guazzo,  una delicata pittura a inchiostro e acqua che è già in sé un’opera d’arte. Nei laboratori di Haute Joaillerie Chopard, il disegno è quindi trasformato in modelli tridimensionali. Prototipi in stagno o in cera, realizzati rispettivamente da Laura e Anthony.

E le pietre preziose ? Incastonarle è una scienza paragonabile all’architettura. Un’arte capace di mediare sostegno e libertà, forza e leggerezza. Le parure e gli orologi di Chopard impreziositi da gemme passano tra le mani di Carlos, maestro in svariate tecniche di incastonatura. Per l’orologeria, in particolare, utilizza la tecnica del pavé (disposizione delle pietre “a pavimento”), il serti rail (“montatura a binario” con le pietre posizionate tra due scanalature parallele) e il serti neige (“montatura a neve”: diamanti posti uno accanto all’altro, in modo apparentemente disordinato e giocando sui loro diversi diametri).

«Tutte le varietà di pietre che passano tra le mie mani hanno le loro specificità. Solo l’esperienza mi permette di dialogare con ognuna di loro per non romperla o non danneggiarla. È una sfida quotidiana e non si può mai pretendere di saper fare tutto», spiega Carlos. «Grazie alla passione, però, generiamo la bellezza». E questo assioma, probabilmente, è valido un po’ per tutti gli artigiani di Chopard.

Nel laboratorio Grandi complicazioni della manifattura ginevrina, per esempio, tre orologiai sono dedicati alla ripetizione minuti. «L’unica complicazione che aggiunge una dimensione in più: l’acustica», spiega Karl-Friedrich Scheufele. «È un mondo a parte. E quando si scopre per la prima volta la bellezza del suono del L.U.C Full Strike non si può che restare meravigliati». A realizzarlo, sono artisti/artigiani come Christophe, che hanno trascorso buona parte della vita chini sul banco di lavoro ad assemblare orologi sempre più complicati.

«Il L.U.C Full Strike è la somma di 533 componenti che, assemblati in un così piccolo spazio, danno vita a un suono che scandisce il tempo. Un risultato che fa girare la testa», commenta il Co-presidente. Fanno girare la testa anche i numeri del laboratorio grandi complicazioni: 17mila ore di sviluppo per il calibro L.U.C 08.01-L inserito nel L.U.C Full Strike; 160 ore di messa a punto; 20 anni di formazione per diventare un orologiaio in grado di padroneggiare questa grande complicazione; 4 brevetti depositati; 1 intero mese di lavoro di un orologiaio per assemblare ogni singolo esemplare di questo capolavoro in miniatura.

Non esiste ripetizioni minuti che assomigli al L.U.C Full Strike. Perché il timbro su cui battono i martelli che suonano le ore, i quarti e i minuti non è in acciaio o in oro: è in cristallo di zaffiro. Da lì proviene il suono “cristallino”. Ogni timbro è lavorato insieme al vetro che protegge il movimento, in un unico blocco. L’assenza di colla o di saldatura permette al suono di propagarsi in tutta la sua ampiezza e la sua potenza.

Per far prolungare il piacere dell’ascolto più a lungo possibile, Chopard ha dotato il L.U.C Full Strike di due bariletti, uno dei quali interamente dedicato alla funzione di ripetizione minuti. Con un’energia sufficiente per far risuonare 12 volte consecutive l’ora più lunga, le 12 e 59. Anche l’estetica ha la sua parte: il cursore di avvio non c’è. Gli orologiai della manifattura hanno sviluppato un sistema per azionare la funzione di ripetizione minuti mediante un pulsante al centro della corona. Idee che hanno richiesto due anni e mezzo di ricerca e sviluppo.

Una volta assemblato, il movimento è inviato al Controllo Ufficiale Svizzero dei Cronometri (Cosc) che ne analizza la precisione. Infine, i movimenti certificati, di ritorno alla manifattura, sono collocati all’interno della cassa. «La maggiore difficoltà risiede nell’assemblaggio dei vetri che sostengono i timbri», spiega Christophe. «Posizionarli è un’operazione molto delicata. Apparentemente, si tratta di orologi che indicano solo l’ora, i minuti e i secondi. Gli intenditori che li acquistano sanno invece che un movimento che fa risuonare il tempo è estremamente complesso».

Ecco che l’arte dell’orologeria è un circolo virtuoso: quelli che fabbricano e che decorano i più piccoli componenti sanno che la loro importanza è pari a quella degli artigiani che li assemblano. Gli uni non possono fare a meno degli altri. E noi non possiamo che ammirare la maestria degli artigiani di Chopard. Ringraziando la maison per avercela fatta conoscere.