«Nessuno di noi vorrebbe vedere morire i centri delle città». Mario Peserico, Amministratore delegato di Eberhard Italia, ha scelto di affrontare la crisi al fianco dei negozianti. «È comodo fare la spesa online. Ma non possiamo permettere che i centri città si desertifichino. Dobbiamo sostenerli, altrimenti rischiamo che chiudano per sempre. Svuotando le strade e rendendole anche meno sicure», afferma.
Segnali allarmanti arrivano dall’aggiornamento della ricerca sulla criminalità organizzata presentata giovedì 26 novembre da Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, di cui Mario Peserico è Vicepresidente. «Da giugno a oggi il rischio di infiltrazione è raddoppiato», riferisce. «In particolare, nel settore degli alloggi e della ristorazione siamo passati dal 10 al 21 per cento di aziende che hanno ricevuto proposte “irrituali”. Parliamo di una attività su cinque a rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata».
Sostegno massimo ai negozianti, dunque, per ripartire appena saranno finiti i lockdown. Con un “no” forte e chiaro all’e-commerce aziendale. «A chi mi dice che non sarebbe una concorrenza diretta ai negozianti rispondo: non è vero. Perché un sito web aziendale avrebbe sempre edizioni limitate e carenze di stock. Noi non vogliamo fare in nessun modo concorrenza diretta ai nostri partner. Anzi, li ringraziamo, perché comprano i nostri prodotti da tanti anni. E cerchiamo di sostenerli in tutti i modi, in questo momento di difficoltà che riguarda tutta la filiera», spiega Mario Peserico.
In casi di necessità, Eberhard & Co. ha consentito ad alcuni punti vendita di rinviare i pagamenti di due, tre mesi. «Niente di eccezionale. È doveroso», commenta Peserico, rivendicando il clima familiare di una maison indipendente con 130 anni di storia. Che coltiva rapporti personali con ciascun dettagliante. Perché è proprio sulle relazioni che i punti vendita tradizionali vincono la partita contro i siti di e-commerce.
«I numeri ci danno ragione. Nei primi due mesi di lockdown gli acquirenti online sono passati da 700mila a 2 milioni di persone. La pandemia ha quindi accelerato un processo che altrimenti avrebbe magari impiegato anni», spiega Mario Peserico. «Le piattaforme digitali non hanno però performato tanto da compensare la chiusura dei negozi. E non è cresciuto il valore medio della spesa online. Questo significa che il web fatica a sfondare quella soglia. Soprattutto per il lusso. Usiamo il web come vetrina; ma poi abbiamo bisogno di vedere da vicino e toccare l’oggetto, andando ad acquistare in negozio».
La chiusura di novembre peserà sui bilanci di questo annus horribilis. «Dopo i due mesi di lockdown della scorsa primavera, eravamo ripartiti molto bene. Ma è difficile compensare tre mesi di chiusura in un anno », sostiene l’Amministratore delegato di Eberhard Italia. «Anche il lusso è in calo, perché sono saltate occasioni uniche di regali (matrimoni, cresime, prime comunioni, compleanni). E stanno saltando anche le riunioni tra amici in vista del Natale».
Con l’auspicio che la situazione sanitaria del Paese consenta la riapertura delle attività commerciali, per Natale Eberhard & Co. conferma la strategia adottata agli inizi della pandemia: limitare i lanci a prodotti di fascia media. «Verso la fine del 2021 vedremo sicuramente maggiore disponibilità, o comunque il sorriso di chi avrà resistito. In funzione dell’andamento dell’anno prossimo valuteremo se prevedere novità di fascia alta, o rinviarle al 2022», annuncia Peserico.
Tra le novità Eberhard in arrivo in questi giorni nei punti vendita c’è Rêve, un orologio pensato e declinato esclusivamente al femminile. La conferma di una scelta abbastanza recente. «È vero, Eberhard & Co. è un marchio prettamente maschile. Ci sono state varianti femminili di orologi maschili. Ma il pubblico femminile è stato affrontato in maniera cosciente solo a partire dal 2008. Con Gilda, un orologio femminile tendenzialmente acquistato dalle donne per se stesse», conferma Mario Peserico.
«Rafforzare la collezione femminile era necessario. Lo facciamo in punta di piedi, con un prodotto che rientra nella filosofia del lusso accessibile di quest’anno». Rêve, come suggerisce il nome (dal francese sogno), si rivolge alle donne che non hanno perso la capacità di fantasticare. Come è inciso sul fondello: Tout commence par un Rêve. Tutto comincia con un sogno, un’idea, un desiderio. Che si può realizzare dai 1.000 euro in su. Per l’esattezza: il modello basic in acciaio costa 1.050 euro; quello con indici di brillanti 1.400 euro; la referenza con lunetta in brillanti 2.000 euro.
«L’acquisto di un Eberhard, soprattutto nel contesto attuale, non è tanto frutto di un’operazione di marketing. Piuttosto, ti riconosci nei valori di un marchio e vuoi portarne al polso un orologio», dice l’Ad italiano di una marca che ha sempre puntato molto sulla condivisione di valori e passioni. A cominciare dalla velocità. «I motori, l’aviazione e la Marina sono sempre stati nostri mondi di riferimento. In particolare, la passione per le auto comincia negli anni ’30 con la famiglia Eberhard», racconta. «Alla fine anni ’80, il nuovo titolare del marchio, Palmiro Monti, ci suggerì di ricordare un campione un po’ dimenticato: Tazio Nuvolari.
Scoprimmo in quell’occasione che il “Nivola” possedeva un Eberhard. Tra le sue memorabilia, era rimasto il cofanetto, dalla cui impronta siamo risaliti a quel modello da tasca con funzione di sveglia. È stato un motivo in più per dedicare una nostra collezione a Tazio Nuvolari, sostenere per 30 anni un premio a lui dedicato e tante altre gare di auto storiche. Sono occasioni per incontrare i collezionisti appassionati, raccontare loro i prodotti, mostrandoli».
Alle gare automobilistiche si sono aggiunte le iniziative culturali, come il concorso fotografico Mia Photo Fair, che purtroppo quest’anno è saltato per ovvie ragioni. E la Milano Wine Week, ultimo evento in presenza prima del nuovo lockdown. «Al rientro dalle vacanze, si sperava di non andare in questa direzione. C’era meno gente delle edizioni scorse, non ci si poteva fermare a parlare; ma è stata comunque un’occasione per mettere in risalto le eccellenze vinicole italiane. Con le quali sentiamo un forte legame perché, come gli orologiai, fanno un prodotto artigianale molto fisico», chiarisce Peserico.
Quanto a tutela del patrimonio culturale italiano, la marca svizzera si è impegnata in un progetto pluriennale di digitalizzazione dei documenti della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. «Digitalizzare un patrimonio che altrimenti rischierebbe di andare perduto significa garantire il perdurare degli archivi, fondamentali per la memoria storica. E quindi per la percezione del tempo».
Mario Peserico non crede che i limiti imposti dalla pandemia cambieranno la concezione umana del tempo. «Se dovesse cambiare, mi aspetterei che subisse danni l’orologio connesso. Perché, se lavoro da casa, che bisogno ho di un orologio che mi avvisi quando arriva una mail? Non penso comunque che cambieranno le nostre abitudini. Nel 2021 torneremo a lavorare in ufficio. Io non vedo l’ora. Perché lavorare da casa significa non avere interscambi, non vedere clienti, e avere un calo dei risultati. Ci riabitueremo rapidamente ai tempi del pre-Covid», prevede Peserico.
Svanita l’illusione che nel frattempo diventeremo tutti più buoni («Appena rientreremo in ufficio torneremo a essere competitivi», commenta l’Ad), resta la speranza di una maggiore attenzione alla sostenibilità. «Faccio fatica a immaginare un prodotto più sostenibile dell’orologio meccanico. Produciamo in un Paese dove c’è attenzione massima a salute e rispetto delle regole. Emissioni non ne abbiamo. Scarti nemmeno. L’orologio dura 100 anni. È, magari inconsapevolmente, il prodotto più sostenibile che c’è», conclude Mario Peserico.