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Antoine Pin: Bulgari, l’irrinunciabile stile italiano

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Dopo più di vent’anni nell’orologeria (Boucheron, poi, Zenith, poi TAG Heuer) è approdato a Bulgari. Antoine Pin, insomma, tutto è tranne che un novellino. Managing Director della Divisione Orologi di Bulgari, può disporre di circa 400 dipendenti che lavorano in tre fabbriche: a Saignelégier (mezz’ora di auto da La Chaux-de-Fonds, una delle capitali svizzere dell’orologeria) si producono casse e quadranti. È la fabbrica più recente. A Le Sentier (dove troviamo anche Jaeger-LeCoultre) Bulgari produce i movimenti, mentre l’assemblaggio avviene nella storica fabbrica di Neuchâtel.

Bulgari, insomma, ha una vera e propria manifattura integrata di orologi. Diretta, appunto, da Antoine Pin. Con lui parliamo di come gli orologi Bulgari, oggi, passano guardare senza alcuna soggezione anche i prodotti tecnicamente più raffinati. È questa, la strada per il futuro?

Antoine Pin: Penso sia sempre difficile trovare il giusto equilibrio anche nell’eccellenza. Nel mio ruolo vorrei urlare che Bulgari è un fantastico produttore di orologi straordinari. Ma se mi metto nei panni di Jean-Christophe Babin, beh, lui vuole più equilibrio e prospettive più ampie. Lui vuole che Bulgari sia innanzitutto il gioielliere romano – perché ce n’è uno e uno solo. E questa è la priorità, la sorgente che fa nascere Bulgari. Fissata questa priorità, questo tema centrale, allora c’è tutto lo spazio che mi serve per produrre orologi che siano, appunto, la più alta espressione di Bulgari, gioielliere romano.

Il mio voler urlare che siamo produttori di alta orologeria deve quindi essere sempre in sintonia con la natura di Bulgari. E altrettanto vale per qualunque altro prodotto che porta il nostro marchio. E, quando parlo di marchio, non intendo un logo, ma una vera e propria filosofia, un modo di essere. Pensiamo ad esempio all’eccellente lavoro fatto da Silvio Ursini con gli Hotel Bulgari. Non sono normali alberghi, sia pure “di lusso”. Sono Hotel di Bulgari, gioielliere romano. Hanno un carattere preciso che va oltre, molto oltre il semplice concetto di brand o di marchio. C’è qualcosa di speciale, insomma, qualcosa che troviamo necessariamente anche negli orologi Bulgari.

Quel che voglio dire è che ciascuno di noi, nel proprio ruolo, deve avere la più ampia e migliore esperienza possibile per mantenere altissimo il livello di qualità. Ma tutto, proprio tutto, deve convergere nell’irrinunciabile stile italiano, nel carattere romano di Bulgari il gioielliere. E non è un lavoro facile. Devi “sentirti Bulgari” per non uscire dal giusto sentiero. Io devo tirare e spingere allo stesso momento per continuare a costruire questa immagine di orologiaio raro, eccezionale. Non basta spingersi nell’alta orologeria. Devi sempre essere Bulgari il gioielliere romano. Altrimenti – per quanto eccezionali siano i tuoi orologi – hai sbagliato strada. Noi siamo innanzitutto gioiellieri e questo spirito deve sempre essere la nostra fonte di coerente ispirazione. Solo così potremo avere successo e crescere.

Oltre al nome c’è una seconda parola chiave, mi sembra. Arte. Arte dell’ospitalità, della gioielleria. E arte dell’orologeria.

Antoine Pin: Assolutamente sì. Credo che l’Italia sia ancor oggi l’origine, la sorgente dell’arte moderna. Nel Quattrocento e nel Cinquecento l’Italia non esisteva come nazione, ma era comunque una entità solida e ben riconoscibile da un punto di vista artistico. Una entità cui tutti ci siamo ispirati. Ripeto: non esisteva, politicamente, una nazione italiana, ma esisteva una filosofia di vita e di pensiero cui tutti noi facciamo riferimento nell’arte dell’ospitalità, dei gioielli, e degli orologi.

Come tutti i gioiellieri siamo ispirati dalla natura, certo, ma vista attraverso una filosofia di vita. E quando entriamo nel campo dell’orologeria questa ispirazione non è più così ovvia come nei gioielli. Perché nel mondo della meccanica l’ispirazione della natura appare più lontana, distante. Per questo dovremmo portarla e integrarla di più. Per me la geografia del Mediterraneo è la chiave, la fonte di ispirazione… I colori, le luci, la gioia della vita sono ciò che rende Bulgari diverso da ogni altro marchio. Come ho detto alla presentazione della nostra collezione d’arte, ci sono elementi di espressione che, francamente, non ritrovo più quando guardo Cartier. Oggi Cartier è un po’ triste, nelle sue creazioni. Credo potrebbe essere più gioioso e un po’ più “pazzo”.

Ci dovrebbe essere un armonioso caos in tutte le nostre forme di produzione, ci dovrebbe essere più spazio per la “pazzia”. A volte sono forme di autolimitazione per “non esagerare”, ma dovremmo cercare di spingere noi stessi un po’ più nel “perché no?”, senza ovviamente valicare i confini del buon gusto. Dobbiamo saper celebrare la vita e l’umanità, altrimenti diventeremo sempre più tristi, più dipendenti da fattori economici. Celebrare la vita: penso sia parte integrante dell’identità di Bulgari.

Una gioia di vivere della quale oggi abbiamo più bisogno che mai. E forse anche questo sembra aver portato Bulgari ad avere richieste d’orologi superiori alle sue capacità produttive. È solo un effetto della pandemia e delle necessarie interruzioni alla produzione, oppure bisogna ulteriormente potenziare tutto il complesso delle fabbriche Bulgari?

Antoine Pin: Un po’ questo e un po’ quello. Sai bene come funziona l’industria… Non puoi reagire in poche settimane ad un aumento delle richieste. Servono mesi per comprare i componenti e noi non dobbiamo sottostimare la crisi dell’anno scorso che è stata molto difficile per il 90 per cento di tutta l’industria. Anche noi abbiamo sofferto per questa pandemia e quindi dobbiamo gestire le nostre capacità produttive con attenzione, anche per non diminuire la qualità a causa della fretta. Ma soprattutto dobbiamo gestire con attenzione le persone che lavorano per noi. È una cosa complessa.

Sì, è vero che negli ultimi anni abbiamo avuto un successo crescente  e che quando abbiamo dovuto fermare la produzione… In aprile e maggio dello scorso anno abbiamo prodotto zero e tutti erano a casa in cassa integrazione. Abbiamo fatto ripartire la produzione in giugno, e ancor oggi stiamo progressivamente recuperando. Ma abbiamo avuto nuove interruzioni fra settembre e ottobre… Insomma, teniamo sempre sotto controllo i vari parametri, cercando il miglior compromesso fra le esigenze di produzione – che comunque hanno poi effetti a distanza di cinque, sei mei – e quelle di non giocare con il destino delle persone.

Perché sì, è vero che la domanda è più alta di quanto pensavamo di produrre. È anche vero, però, che per adattarci a questa maggior domanda dobbiamo assumere e fare investimenti. Al tempo stesso, però, non voglio che la nostra squadra abbia alti e bassi. Quindi dobbiamo fare in modo che il cambiamento di dimensione all’interno del nostro gruppo – per ogni divisione dell’azienda – sia armonico e non ci costringa ad alcun taglio. Per questo, pur consapevole che dobbiamo aumentare la produzione, preferisco non riuscire a soddisfare tutte le richieste di prodotto, piuttosto che giocare con la vita di chi lavora per Bulgari. Non voglio assumere e poi correre il rischio di dover licenziare. Alla fine, tutto sommato, non riuscire a soddisfare tutte le richieste di prodotto mi sembra il male minore. E tutto sommato stimolare il desiderio di un orologio Bulgari non è poi così sbagliato.

I mercati. Stati Uniti e Cina in forte ripresa, Europa a pezzi. Ma l’Italia tutto sommato non va male come gli altri Paesi europei, sembra. Certo, abbiamo cali enormi nelle grandi città turistiche e quelli dovuti alla chiusura dei negozi, ma sembra che la grande provincia resti molto vivace…

Antoine Pin: È vero. E questo è il motivo per cui dobbiamo continuare a comunicare, a far vedere senza timore le nostre nuove proposte. Continuare il lavoro senza fermarci perché probabilmente quello che dobbiamo comunicare oggi è il nostro dinamismo. Bulgari continua ad investire – sia pure con le dovute cautele –, continua a far proposte nuove e a sedurre perché c’è sempre un buon numero di persone che ha un atteggiamento positivo. Persone che, nei limiti del possibile, vogliono continuare a vivere e sorridere alla vita.