Approfondimenti

Omega Speedmaster, per gli amici Moonwatch

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«Mentre andavamo avanti con i test, ci siamo resi conto che la cosa più importante era sapere cosa si potesse chiedere ad un orologio. In pratica, a un certo punto abbiamo deciso di andare avanti fin quando solo uno dei tre cronografi scelti continuasse a funzionare. Dopodiché abbiamo proseguito per verificare anche il suo punto di rottura. L’Omega Speedmaster fu l’ultimo a cedere». A parlare è James Ragan, responsabile dei test sulle attrezzature della Nasa. Scartabellando nel mio archivio ho trovato una lunghissima intervista – di cui allora pubblicai solo una piccola parte per motivi di spazio – che mi verrà utile anche in futuro. Sta di fatto che il resto della storia la conoscete tutti. Il cronografo Omega Speedmaster verrà scelto per le missioni spaziali della Nasa e da allora non scenderà più dal polso degli astronauti. Bene.

Ma giochiamo che tutto questo non sia accaduto. Giochiamo (come bambini) che lo Speedmaster non sia andato sulla Luna. Che non sia diventato il Moonwatch, che non abbia salvato gli astronauti dell’Apollo 13, che non si sia moltiplicato in una serie di varianti storiche e moderne, commemorative o celebrative. Giochiamo che ci sia solo da rispondere ad una semplicissima domanda: che cronografo è lo Speedmaster? Da cui ne discende un’altra: ma vale la pena di comprarlo?

Comunque storia

Veloci, perché comunque quasi tutti sapete tutto. O meglio: quasi tutti sapete quasi tutto. Perché nel 1999 Nicolas Hayek comprò la marca Breguet dal gruppo finanziario Investcorp, che a sua volta lo aveva acquisito dal gioielliere francese Chaumet. Pochi sanno che si vociferava, allora, di un prezzo piuttosto salato per una marca tutto sommato piccolissima, sia pure con una grande storia alle proprie spalle. In molti pensarono che Hayek si fosse fatto prendere la mano dalla smania di acquisti che – all’epoca – spingeva alcuni gruppi finanziari a pagare cifre esorbitanti per marche ritenute “a forte potenziale”.

Io avevo un buon rapporto con Hayek, fatto di interviste, sì, ma anche di lunghe chiacchiere e buon cibo. Durante una di queste interviste Hayek Senior mi chiese se avessi capito, almeno io, la motivazione di un prezzo che lui mi confermò elevato, pur senza quantificarlo. Beh, avete presente quando improvvisamente le quinte si aprono e vedete con chiarezza la scena che nascondevano? Il sorrisetto un po’ furbo e un po’ beffardo di Hayek fu la chiave per sentirmi improvvisamente scemo, per chiedermi come mai non avessi connesso prima tutti gli elementi della vicenda. E gli dissi: «Lei non ha comprato Breguet. Lei ha comprato la fabbrica Lemania, quella che produce il movimento dello Speedmaster. E come “omaggio” ha ricevuto Breguet». Lui rise e mi chiese di passargli un altro dei dolcetti che avevo portato dall’Italia.

In realtà, appunto, Swatch Group aveva comprato la Nouvelle Lemania e quindi la possibilità di avere per l’Omega Speedmaster tutti i movimenti che servivano per un corposo rilancio. Perché il Calibro Omega 861, dello Speedmaster, altro non era se non il Calibro Lemania 1873. A sua volta derivato dal Calibro 2310, che Omega chiamava 321.
A questo punto Hayek affidò la Lemania ai tecnici di Nivarox ed Eta per una seria revisione qualitativa del calibro cronografico, ma anche dei movimenti che Lemania produceva per Breguet. In breve Omega ebbe un solido rilancio e Breguet si trasformò nella personale scommessa di Nicolas Hayek. In quest’ottica il prezzo pagato si rivelò un autentico affare.

Lo Speedmaster alle stelle

Inizia quindi la trionfale cavalcata dell’Omega Speedmaster nella storia dell’orologeria. Le forme di collezionismo diventano sempre più solide, ma in modo “naturale”. Alcune Case giocano a ricomprare in asta i propri orologi per aumentarne le quotazioni. Non è la logica operazione fatta da produttori storici come Patek Philippe, Audemars Piguet e – in altri casi – la stessa Omega per aggiungere esemplari introvabili ai propri musei. No: il gioco, di tanto in tanto, è quello di far lievitare artificialmente i prezzi delle serie speciali recenti per aumentare il valore di quelle che saranno presto immesse nel mercato.

Benché io non sia un esperto di vendite in asta, mi sembra che nulla del genere sia accaduto con le serie speciali del Moonwatch, se non per i rari casi in cui la produzione era davvero di pochissimi esemplari. Omega ha correttamente gestito il Moonwatch senza esagerare nemmeno quando due anni fa ha prodotto una splendida riedizione dello storico Calibro 321. Per altro ad un prezzo decisamente contenuto, rispetto a quanto avviene normalmente per questo tipo di operazioni. Poco più di 14.000 euro. Contro gli 8.000 dello Speedmaster ’57 Co‑Axial Chronometer Chronograph con il Calibro 9300 bicompax e i 5.000 del Moonwatch Professional equipaggiato del Calibro 1861. E infine arriva il Calibro 3681, carica manuale tricompax. Dotato di tutti i preziosismi tecnologici di Omega. 6.300 euro.

Sì, ma come scegliere?

Ho fatto la cosa più semplice. Ne ho parlato con i dirigenti di Omega (che preferiscono conservare l’anonimato). Perché scegliere è una cosa seria, visto che complessivamente siamo intorno alle sessanta variazioni sul tema del Moonwatch. «Per movimento? Beh, in effetti nella collezione Speedmaster il calibro impiegato è importante perché è una componente iconica della storia che racconta. Oggi nella collezione Speedmaster il calibro impiegato è un punto di riferimento essenziale, più che in ogni altra collezione. Eppure dividere gli Speedmaster per movimento non sarebbe sufficiente. Ad esempio, il “Dark Side of the Moon” e lo Speedmaster ’57 sono entrambi animati dal Calibro 9300. Eppure sono molto, molto diversi fra loro. Ogni Speedmaster va apprezzato per le caratteristiche specifiche di ogni modello».

Sì, ma quali hanno avuto maggior successo? «Per quanto ci riguarda, siamo rimasti a bocca aperta per quanto è accaduto con i modelli venduti solo su internet, gli “Speedy Tuesday“. Il primo, nel 2017, è andato esaurito in meno di 5 ore, ed erano 2.012 esemplari. Il secondo, l’Ultraman, è andato esaurito in un’ora, 53 minuti e 17 secondi. Ma hanno avuto grande successo, nei negozi, tutti i modelli Snoopy. E poi l’intero “progetto 321”, quello con cui abbiamo riportato in vita il Calibro 321, appunto. È il movimento del primo Speedmaster della Nasa e i collezionisti lo hanno molto apprezzato».

Immagino non sia stato facile realizzare calibri chiaramente riferiti a quelli del passato, ma con tutte le bellurie dei calibri Omega attuali. «Non è stato facile, no. Per noi era molto importante poter includere nel Moonwatch i test del Metas (l’Istituto Metrico Nazionale Svizzero, ndr) relativi alla precisione e all’antimagnetismo. In particolare è stato difficile far evolvere in questo senso il Calibro 1861 nel 3861. Una vera sfida, perché volevamo conservare le dimensioni e l’architettura del 1861, aggiungendo però lo scappamento Co-Axial, la spirale in silicio e il bilanciere ad inerzia variabile.

Rispetto ai 234 componenti del Calibro 1861, nel 3861 ce ne sono 240. E abbiamo migliorato anche l’autonomia, l’antimagnetismo e la costanza di marcia. L’errore medio giornaliero è passato da -1/+11 secondi a 0/+5. E abbiamo anche introdotto il dispositivo di arresto dei secondi. Per questo pensiamo di far gradualmente uscire di produzione il Calibro 1861, conservando però il 321 per i modelli più legati alla storia dei primi anni con la Nasa. Un tributo alla storia che intendiamo proseguire. Ovviamente poi, continueremo ad usare il Calibro 9300».