Ovviamente quella del titolo è una domanda retorica. Una provocazione di cui si serve Augusto Veroni per rispondere ai commenti di alcuni lettori circa i movimenti industriali. E per chiarire un po’ le idee a chi sembra avere la testa piena di preconcetti…
Certe volte è davvero una soddisfazione totale. Leggere i vostri commenti sui social, intendo dire. Ho trovato assolutamente straordinarie, mature, alcune considerazioni, a partire dal rendersi conto che ormai amare l’orologeria meccanica è l’espressione dell’apprezzamento personale per una forma d’arte.
Uno di voi ricordava che qualche secolo fa, quando si doveva combinare un matrimonio fra regnanti, il primo passo era assumere un (costosissimo) ritrattista che riprendeva le fattezze del candidato o della candidata. Niente, foto, ma ritratti. Nella stragrande maggioranza dei casi il protagonista era riveduto e corretto per apparire più gradevole e desiderabile; (proprio come si fa oggi con le foto da postare: taroccamenti selvaggi). Una forma d’arte, la ritrattistica, che oggi non ha più alcuna motivazione pratica, ma persiste, talvolta, solo come forma d’arte.
Proprio come gli orologi meccanici, che di fatto hanno perso gran parte delle proprie motivazioni d’uso, trasformandosi però in forme di arte tecnologica che molti sono in grado di apprezzare.
Restano però non poche resistenze sulla qualità dei movimenti industriali, intendendo per tali quelli che devono essere prodotti in grande serie. E, secondo alcuni, con qualità molto discutibile. Ma è davvero così?
Di cosa ha bisogno l’industria orologiera?
Beh, un movimento industriale deve innanzitutto abbondare di affidabilità. Se produco un milione di movimenti per orologi e l’1% ha bisogno di interventi in garanzia, allora è un bel problema, perché parliamo di 10mila movimenti da sostituire o peggio ancora riparare gratis. Se ne produco mille, allora il tutto si riduce a 10. Una cosa sostenibile anche se i costi per singolo movimento sono maggiori.
Per qualche misteriosa ragione, però, molti considerano trascurabile la qualità dei movimenti industriali, tralasciando fra l’altro l’importanza di un buon rapporto fra prezzo e qualità. Ecco allora che la più grande fabbrica di movimenti, la ETA – appartenente a Swatch Group –, viene considerata con estremo disprezzo da parte di “esperti” a scarso contenuto di informazione specifica. Prova ne siano le guerre che negli scorsi anni si sono combattute in ogni sede legale (compresa la Comco, la potentissima Commissione elvetica per la concorrenza) perché ETA non consegnava le quantità di movimenti di cui l’industria svizzera aveva bisogno.
Spesso si utilizza, a proposito dei movimenti ETA, la parola “trattore”, intesa come entusiastico complimento alle loro qualità. Da notare che, ieri come oggi, i movimenti ETA si suddividono fra l’altro per prezzo, ma anche per tipo di allestimento, grado di finitura e possibilità di elaborazione. Benché alcune fabbriche – come Sellita – riescano a consegnare ottime “imitazioni” (ovviamene quelle con i diritti d’autore scaduti) degli ETA, gli originali restano ancora i più apprezzati.
I movimenti industriali: il caso Omega
E poi c’è il “caso Omega”. Il grande orologiaio inglese George Daniels inventa uno nuovo tipo di scappamento, dalle caratteristiche eccezionali. Il problema, però, è che nessuna marca è in grado di produrlo a prezzi sufficientemente contenuti per una produzione in vasta serie. Il progetto è via via abbandonato, fin quando arriva sulla scrivania dei dirigenti di Nivarox, la fabbrica di Swatch Group che produce organi regolatori e altre componenti di superiore precisione. In un primo momento anche la Nivarox dubita di potercela fare; poi rompe gli indugi e ne produce una prima versione montata con ottimi risultati su un movimento ETA. Di questo scappamento verranno realizzate e prodotte in serie altre variazioni, vere e proprie sintesi tecniche di straordinario valore.
Solo che a quel punto, per non vedere il nuovo scappamento vagare sul ponte dell’organo regolatore, il ponte stesso è cambiato integralmente. E, visto che si libera spazio, si aggiunge un efficacissimo sistema di ricarica automatica con doppio bariletto. Una scelta dettata più dal desiderio di dare costanza nella cessione d’energia che maggiore autonomia. Bene, anzi, benissimo. Ma l’appetito vien mangiando e i tecnici Omega decidono di aggiungere un inedito sistema di sincronizzazione che muove la lancetta della ore a passi di un’ora, come nei GMT.
E così via. Fin quando Nick Hayek non decide di realizzare una fabbrica Omega in grado di produrre questo movimento, ormai irriconoscibile rispetto a qualunque ETA; e con una qualità tale da superare persino gli implacabili controlli del Metas, l’Istituto federale di metrologia. Ormai dei pur ottimi movimenti ETA non c’è – di fatto – più traccia.
Un’ultima considerazione: questo approccio tecnico vale ovviamente anche per altre grandi marche industriali. A partire da Rolex per proseguire con nomi illustri (e dalla produzione in grandi numeri) come Longines, Tissot e Hamilton. Gli ultimi tre appartenenti (come ETA) a Swatch Group. Nomi che, negli ultimi anni, si sono fatti creare da ETA e Nivarox movimenti in qualche modo esclusivi, ma comunque con un convenientissimo rapporto fra prezzo e qualità.
Una modesta proposta
Questo articolo nasce anche dal desiderio di chiarire le idee ad alcuni lettori nei confronti dei quali sto perdendo la pazienza. (Scusate: è solo una considerazione personale…). Qualunquisti “io so tutto” che invece spesso mancano della cultura di base per parlare con cognizione di causa. È un atteggiamento ben conosciuto (siamo tutti allenatori della nazionale, tutti virologi, tutti Presidenti di tutto) e che non riguarda solo l’Italia. Gli scemi sono ugualmente scemi in tutto il mondo.
C’è un solo modo per sgonfiare questa prosopopea: con tutto il rispetto per gli studi di terza media oltre cui alcuni non sono mai andati, basterebbe chiedere il perché di quel che affermano. Chiedere di fornire prove, motivazioni serie e condivisibili. Se fai un’affermazione e non hai titoli accademici, allora almeno spiega sulla base di quali informazioni ti sei creato un’opinione che contrasta con la realtà. Realtà ben conosciuta (provabile e provata) da persone che hanno invece l’esperienza indispensabile e l’atteggiamento giusto per spiegare proprio su questa base.
Alcuni sanno solo protestare, senza mai far proposte o motivare le proprie affermazioni. Un semplice “perché?” vi seppellirà di risate.