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FFC, il digitale secondo François-Paul Journe

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“Digitale” nel senso letterale del termine… Come quando, da bambini, si contava sulle dita, allo stesso modo il nuovo FFC di F.P.Journe indica l’orario attraverso una mano meccanica. Un automa frutto di una collaborazione eccellente

Avete presente quando chiedete l’ora e vi fanno segno con le mani, magari con qualche pittoresco movimento aggiuntivo per indicare le frazioni di ora? Beh, qualcuno ha pensato che questa gestualità potesse essere racchiusa nel quadrante di un orologio da polso. Sfida certo non semplice, ma non per un genio come François-Paul Journe.

In realtà l’idea – o, quanto meno, la domanda che ha dato vita alla creazione di cui ci apprestiamo a parlare – è nata da un’altra personalità di spicco in un campo molto differente, in cui ingegno e fantasia rappresentano qualità fondamentali: il cinema. È stato infatti Francis Ford Coppola a chiedere durante un incontro, si narra nella propria tenuta della splendida Napa Valley, se mai qualcuno avesse pensato di rappresentare i numeri corrispondenti alle ore come siamo abituati a indicarli con le mani.

Il guanto di sfida

Problema principale: le ore da indicare sono quanto meno 12 e le dita sono 10. Quindi? Nessun problema, per Journe ovviamente. Secondo il proprio motto “invenit et fecit”, nel 2014 ha inizio la lunga gestazione di un orologio a dir poco particolare e con una complicazione mai proposta prima. Per la cronaca, il movimento di base da cui è partito è il consueto calibro 1300.3, l’automatico montato nella collezione Octa. Rielaborato però in funzione dell’automa.

Gli automi sul quadrante non sono nuovi, anzi hanno una storia molto lunga e variegata. Tuttavia hanno spesso lo scopo di creare animazioni spettacolari, con dettagli curatissimi, ma puramente coreografici. In alcuni casi, è vero, sono anche funzionali: per esempio possono segnare le ore ma attraverso azioni che creano rintocchi sonori. Mai sinora, che ci risulti, era stata rappresentata una mano che indicasse fisicamente le ore.

Il precedente e l’attuale FFC

In realtà parliamo dell’oggi, però esiste un antefatto. La prima realizzazione di Journe a tema è apparsa come pezzo unico all’asta benefica Only Watch a Montecarlo nel 2021, battuta alla cifra quasi irrisoria di 4 milioni e mezzo di franchi svizzeri. In onore a chi ha dato, di fatto, il primo “ciak” a questa storia durata 7 anni e dalla trama a lieto fine, Journe ha deciso di chiamare la propria creazione proprio FFC.

Oggi, visto il successo dell’FCC Blue, si è deciso di replicare l’FFC. Che comunque non sarà un orologio per tutti: serie limitatissima (si parla di un massimo di 5 esemplari l’anno) e prezzo non proprio per tutte le tasche (circa 820mila franchi svizzeri). Veste cromatica differente ma stesse caratteristiche e stessa conformazione della mano, la cui storia merita a sua volta più di qualche parola.

L’eredità di Ambroise Paré

Ambroise Paré, chi era costui? Potreste dire voi con citazione manzoniana… Costui era un medico francese del XVI secolo, nato barbiere per tradizione di famiglia e poi diventato non solo un chirurgo/cerusico ma anche – secondo alcuni – uno dei padri della medicina forense. Profondo conoscitore del corpo umano, Paré è stato a tutti gli effetti uno dei primi, se non forse il primo della storia, a pensare alle protesi per sostituire gli arti umani. E l’ispirazione per questo affascinante automa è nata proprio da uno dei disegni del medico rinascimentale, scoperto dal figlio di Journe, che di mestiere fa lo storico.

L’ennesima sfida colta dal genio nato a Marsiglia (e vinta, ma questa non è una novità) era racchiudere in un meccanismo da polso l’energia necessaria per muovere le dita, mantenendo un’autonomia adeguata. In primis ha pensato di alleggerire al massimo la mano attraverso l’utilizzo di un materiale come il titanio, ma ovviamente ciò non bastava. E allora? Bene, nell’FFC Journe ha introdotto un cosiddetto remontoir d’égalité, meccanismo simile a quello utilizzato per muovere le pesanti lancette negli orologi da campanile.

Come funziona l’FFC

Il bariletto principale, che accumula un’autonomia di 5 giorni attraverso una carica automatica monodirezionale, utilizza una parte della propria energia per caricare (in 40 minuti) una molla, a sua volta posta all’interno di un altro bariletto dedicato all’automa e che è normalmente bloccato. Quando arriva il cambio dell’ora, attraverso un sistema con un grilletto e un’àncora montata su una ruota dotata di un eccentrico, tutta l’energia accumulata nel suddetto meccanismo viene liberata. E consente di muovere un sistema di ben 10 camme, che si “occupano” di gestire il movimento delle dita della mano.

La rotazione delle camme su loro stesse avviene in 12 ore, l’intera struttura è progettata per avere un attrito minimo e, quindi, usare un quantitativo molto basso di energia meccanica anche laddove il gesto necessario per indicare l’ora successiva implichi il contemporaneo moto di più dita.

Ora vi chiederete, ma i minuti? Niente paura, ci sono anche loro. Mutuando la magistrale interpretazione del calendario annuale visto nell’Astronomic Souveraine e data l’impossibilità di utilizzare una tradizionale indicazione, Journe nell’FFC ha inserito i minuti su di un disco rotante periferico montato su cuscinetti a sfera, anche in questo caso con l’obiettivo di ridurre al minimo l’energia legata al movimento.

L’habillage e altri “dettagli” (si fa per dire)

Il quadrante dell’FFC è completamente assente per mostrare il calibro in tutte le sue peculiarità. Inutile dire che le finiture, di cui si ha visione di insieme anche attraverso il fondello in vetro zaffiro, sono ai massimi livelli, ossia quelli abituali per la Maison. Solo per fare alcuni esempi, la platina in oro è lavorata a perlage, i ponti in titanio sono decorati a Côtes de Genève circolari, sino ad arrivare alle teste delle viti lucidate e rifinite con anglage…

Insomma, tra prodigi della meccanica e cura maniacale di ogni singolo dettaglio è davvero difficile riuscire a tradurre in parole il lavoro e la magnificenza contenuti in questo esemplare. Pensare poi che tutto quanto è racchiuso in una cassa in platino di soli 42 millimetri di diametro per 10,7 di spessore… beh, ha davvero dell’incredibile.