Iniziamo una nuova rubrica, “Dietro le quinte”, per spiegare ai non addetti ai lavori ciò che accade in orologeria. Ma anche per far riflettere sulla situazione gli operatori del settore. A cominciare dalle trasformazioni in atto sul mercato – in Italia e non solo
Il forte calo delle importazioni d’orologi svizzeri in Italia dello scorso ottobre (-13,4%) è dovuto solo in parte alla situazione d’instabilità politico/economica in cui ci troviamo. Dipende anche da una diffidenza dei turisti e dal taglio drastico dei consumi da parte degli stessi italiani, che preferiscono tenere da parte quel che hanno in attesa di tempi migliori o comunque di una situazione più chiara, nella quale sia possibile programmare qualcosa.
E poi c’è un forte riordino del nostro tessuto commerciale: agli occhi dei produttori svizzeri in Italia ci sono troppi concessionari rispetto agli acquisti e questo vuol dire che troppi orologi restano fermi nelle casseforti dei negozianti, immobilizzando un capitale enorme, specialmente per quanto riguarda l’alto di gamma. Molti di questi orologi verranno ceduti ad intermediari che li pagheranno una frazione del prezzo e poi li rivenderanno su un mercato, definito “parallelo” perché non passa per i negozianti ed è quindi privo delle garanzie offerte dai concessionari.
Ma il mercato parallelo non fa bene a nessuno, a partire da quei compratori che spesso si trovano al polso orologi non nuovi e privi di garanzia se non quella internazionale. È un danno per tutti, anche perché una delle caratteristiche del mercato orologiero è sempre stata una trasparenza forse non assoluta, ma certamente superiore a quella di quasi tutti gli altri settori. Specialmente quando il compratore rispetta, negli acquisti, la catena commerciale ufficiale.
In questa situazione, ulteriormente complicata dalle implicazioni per ora non sempre positive delle nuove tecnologie, i produttori decidono di diminuire il numero dei concessionari nel tentativo di riprogrammare la rete commerciale – per avere meno sprechi e meno “incertezze operative”. Nel senso che sul web operano persone degnissime, ma anche veri e propri malfattori – e chi prende la fregatura tende sempre a dar la colpa alla marca, non al singolo operatore.
È una strategia possibile, quella della riduzione dei concessionari, e lo è anche in previsione di un futuro mercato telematico di onestà garantita, con acquisti sicuri perché effettuati sui siti dei marchi e dei concessionari rimasti. Entrambi hanno tutto da perdere a comportarsi male nei confronti del compratore; e se gli orologi rimasti in cassaforte non fossero troppi potrebbero anche essere rivenduti come una sorta di “usato sicuro” o “a chilometro zero”, con reciproca soddisfazione di chi vende e chi compra. Sempre attraverso canali di vendita garantiti.
Questa trasformazione, però, deve necessariamente passare per un sistema intelligente dei tagli, un sistema che tenga conto dell’enorme potenziale della provincia italiana – come di quella europea in generale. Sarà importante dividere in almeno due parti la comunicazione: da un lato quella internazionale, che trasmette i valori di base della marca; e dall’altro la capacità di tradurre, di adattare la comunicazione alle caratteristiche locali.
Le filiali nazionali delle marche dovranno avere il potere di parlare meglio ai propri compratori, rispondendo alle paure e alle incertezze dei mercati locali. Alle filiali nazionali, insomma, andrà ceduto parte del marketing, quella parte tesa a conquistare la fiducia dei compratori. Solo così sarà possibile ricostruire la reputazione dei marchi affiancando a quella internazionale una “fiducia locale” che nel futuro sarà indispensabile sia per le vendite in negozio sia per quelle telematiche.
Alcuni dei grandi gruppi finanziari dovranno scendere dal loro “piedistallo internazionale”, per molti versi troppo generico, e parlare con i compratori più da vicino, con l’aiuto degli operatori locali. L’Occidente ha meno soldi da spendere, specialmente per prodotti non immediatamente necessari come gli orologi; e l’Occidente è fatto di diversità locali che vanno rispettate e comprese, una per una. Il futuro del commercio – e forse non solo di quello – dipende molto da questo tipo di rispetto “su misura”. ”'”><\/script>‘