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Vivere Chopard. Un mondo tra storia e lifestyle

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Le prime cose che mi vengono in mente quando penso a Chopard hanno poco a che fare con gioielli e orologi. Molto, invece, con la tempra della famiglia Scheufele, proprietaria della maison svizzera. La storia della marca fino a un certo punto ha un andamento lineare, simile a quello di tante realtà che nell’Ottocento mettono le basi dell’odierna orologeria haut de gamme.

Nel 1860 Louis-Ulysse Chopard fonda a Sonvilier, nella regione del Giura, una manifattura orologiera di alta precisione, specializzata nella produzione di esemplari da tasca e cronometri. Gli bastano pochi anni per farsi conoscere e apprezzare dalla grande nobiltà internazionale; tanto che agli inizi del Novecento può annoverare tra i suoi clienti addirittura lo zar di Russia, Nicola II.

Poco prima della Seconda Guerra Mondiale il figlio Paul-Louis prende le redini e sposta il laboratorio a Ginevra; dove nel 1943 cede il timone al figlio Paul-André. Sarà lui a vendere l’azienda di famiglia nel 1963 al tedesco Karl Scheufele III, terza generazione di una dinastia di orologiai e gioiellieri, col pallino di acquisire una manifattura orologiera svizzera per rafforzare le proprie attività. L’affare i due lo concludono in fretta e da lì inizia tutta un’altra storia adrenalinica, eccitante, carica di passione.

Se mai aveste la fortuna toccata a me di visitare il quartier generale di Chopard a Meyrin, sappiate che potreste facilmente imbattervi nei proprietari della maison. Prima di tutto in Karl III insieme a sua moglie Karin, intenti a mangiare in sala da pranzo senza tante cerimonie, come i loro dipendenti, pur non avendo più ruoli operativi.

Potreste trovarvi a chiacchierare con la loro figlia Caroline, Co-presidente e Direttrice creativa delle collezioni donna e del comparto gioielleria e alta gioielleria; magari mentre maneggia uno dei 23 diamanti ricavati dal taglio di The Queen of Kalahari, un bestione da 342 carati di colore D, il migliore, con una purezza di grado F (flawless), in pratica il non plus ultra.

Oppure riuscireste a catturare l’attenzione di Karl-Friedrich, Co-presidente e alla guida delle collezioni uomo. Potreste accordarvi con lui e prendere appuntamento a Brescia, per salire a bordo di qualche bolide d’epoca e partecipare alla Mille Miglia, sponsorizzata dalla maison fin dal 1988. Ma quello che rende Chopard così speciale è la sensazione di essere accolti in casa Scheufele, di condividere l’esperienza di tutto ciò che accende il loro cuore.

Certo, gli appassionati sanno che da lì sono usciti pezzi memorabili, sia di orologeria sia di gioielleria, da uomo e da donna. A cominciare dall’Happy Diamonds, lanciato nel 1976 e destinato a riscrivere le regole degli orologi-gioiello per via dei diamanti mobili, lasciati liberi tra due vetri zaffiri trasparenti. Per proseguire poi nel 1980 con il primo St. Moritz, allora stupefacente modello sportivo in acciaio; o quattro anni dopo con il Luna D’Oro, il primo “complicato” da polso della casa, con calendario perpetuo e indicazione retrograda.

E arrivare nel 1993 al debutto della collezione Happy Sport, da quel momento un successo tra i più longevi nel settore, grazie all’allora inimmaginabile accoppiata di acciaio e diamanti mobili. Senza dimenticare, nel 2014, la presentazione del L.U.C Tourbillon QF Fairmined, il primo modello realizzato con oro etico certificato. E, nel 2019, la nascita di Alpine Eagle, la nuova gamma di orologi sport-chic ispirata alle Alpi e alla forza delle aquile che volteggiano sulle cime.

Chi sceglie Chopard, però, lo fa perché ama quella sensazione di vicinanza con la maison e con chi l’ha resa grande.  «I nostri clienti molto spesso diventano dei brand ambassador, perché non si limitano all’acquisto di un orologio», spiega Simona Zito, General Manager di Chopard Italia. «Le collezioni di occhiali da vista e da sole, la piccola pelletteria, la linea di borse, i profumi, le sete di cravatte e foulard non sono solo acquisti aspirazionali di chi cerca di avvicinarsi al brand. Diventano il completamento di un mondo a cui sentono di appartenere».

Durante una indimenticabile cena a Cinecittà, con l’elegante tavola sistemata proprio al centro dello studio dove Federico Fellini girava i suoi film, Caroline raccontava ridendo della volta in cui a Cannes aveva “vestito” Elizabeth Taylor. L’aveva raggiunta nella sua suite per scegliere dei gioielli e il di lei cagnolino aveva preso a zampettare tra smeraldi e rubini, con il rischio concreto di ingoiarsi qualcosa.

Lady Scheufele ci aveva radunati per annunciare il sostegno della maison al restauro della facciata dei famosi studi romani. Del resto lei per il cinema ha una venerazione. Prova ne sia la partnership ufficiale con il Festival di Cannes, attiva dal 1998; (sono i laboratori di Chopard a realizzare la Palma d’Oro e tutti i trofei consegnati durante la premiazione finale).

Probabilmente ci aveva anche presentato qualche novità di prodotto, in quell’occasione; però quello che ricordo io con precisione è la T-shirt a righe bianche rosse che aveva regalato a ciascuno dei presenti, ispirata al costume di scena di Giulietta Masina in La Strada. Non un orologio e nemmeno un gioiello: quello era un pezzetto del suo cuore.