La quiete prima della tempesta. Tutto tace, in orologeria, tutto è fermo (o almeno così sembra: ma sappiamo che dietro le quinte c’è una generale agitazione). Viviamo in un mondo e in un tempo sospeso, in attesa dei fuochi d’artificio di Watches & Wonders di fine mese, quando finalmente sarà svelato ciò che bolle in pentola da mesi (anni?). Sembra quindi il momento giusto per guardarsi indietro, analizzare il passato, pensare a quanto è stato prodotto finora. Oltretutto tracciare una specie di bilancio può essere utile per immaginare in proiezione quello che vedremo, per non arrivare impreparati a Ginevra. Noi lo abbiamo fatto con Cyrus Genève, consapevoli che proprio dal segmento degli indipendenti molto spesso arrivano le novità più interessanti. E ne abbiamo parlato con Jean-François Mojon, il maestro orologiaio che ha creato gli esemplari del marchio.
Breve digressione su di lui. Jean-François Mojon è un nome noto fra gli addetti ai lavori. Ingegnere di formazione, prima ha lavorato in Omega e poi è stato a lungo Direttore tecnico in IWC. Nel 2005 ha aperto Chronode, atelier al servizio delle marche orologiere alto di gamma per la costruzione di movimenti complicati. Nel tempo, Jean-François Mojon ha firmato una serie di esemplari memorabili: dall’Opus X di Harry Winston al Meccanico di De Grisogono, dal regolatore di HYT al Sequential One di MCT fino agli Arceau L’Heure de la Lune e Le Temps Voyageur di Hermès, solo per citarne alcuni. Ma con Cyrus Mojon ha un rapporto speciale, perché Chronode e la Maison ginevrina condividono lo stesso partner finanziario. Benché le due aziende mantengano la propria autonomia e indipendenza, quindi, hanno una stretta relazione.
Può raccontarci la genesi degli orologi che ha realizzato per Cyrus? Quali sono le fonti di ispirazione, le esigenze, le idee da cui è partito per svilupparli?
«Il principio guida di tutti i nuovi sviluppi è l’innovazione. Partiamo da una funzione o da una configurazione visiva nota, con l’obiettivo di trattarle in modo originale e con un reale valore aggiunto per il cliente finale. Le fonti di ispirazione sono molteplici: principi meccanici che possono essere trasposti in orologeria, riflessioni sulla visualizzazione delle indicazioni sul display, estetica in collaborazione con i nostri designer, eccetera. La fase di creazione è esaltante: si parte da un foglio bianco o da un brief e ci si pone pochi o nessun limite. L’obiettivo è produrre il maggior numero possibile di idee, che vengono via via selezionate e perfezionate per arrivare al concetto scelto».
Come è impostato il rapporto con i designer di Cyrus nella messa a punto di un nuovo modello?
«Partendo dal concetto di base pensato, c’è una collaborazione molto stretta con il designer durante tutto il percorso di realizzazione. La premessa alla base dello sviluppo è che “la forma segue la funzione”».
Entriamo nel dettaglio: prendiamo in considerazione quattro orologi del catalogo di Cyrus (escluso il Klepcys Chrono Dice, cui abbiamo già dedicato uno specifico approfondimento). Può commentare le soluzioni tecniche più innovative dei relativi calibri? A partire dal Klepcys Moon, un insolito fasi di Luna con una rappresentazione in 3D del nostro satellite…
«Ogni movimento richiede soluzioni specifiche. Per il Klepcys Moon sono stati depositati due brevetti relativi all’indicazione dell’ora e della data in un tema di espressione “tridimensionale”».
Passiamo al Klepcys Alarm, uno svegliarino dotato della tipica suoneria di una ripetizione minuti…
«Anche il Klepcys Alarm riflette le innovazioni di Cyrus: tutte le funzioni (ad eccezione dell’On/Off) sono raggruppate sulla corona a ore 3 per motivi ergonomici. La sveglia può essere impostata su un intervallo di 24 ore e in entrambe le direzioni, con un elevato livello di precisione. Infine, naturalmente, è stata prestata particolare attenzione alla qualità del suono utilizzando un martello e un gong».
Quindi il GMT Retrograde, un secondo fuso orario che offre una particolare visualizzazione dell’ora di casa…
«Per quanto riguarda il GMT Retrograde, al centro delle nostre riflessioni c’è stato un approccio che punta alla semplicità e all’ergonomia. Ad esempio, abbiamo privilegiato l’indicazione dell’ora locale come principale, con la correzione mediante una semplice pressione sul pulsante a ore 9 per motivi pratici: l’orario del luogo in cui ci si trova è sempre quella che appare per prima. L’indicazione dell’ora di casa (secondo fuso) di 24 ore è retrograda, il che permette di distinguerla da una lettura standard di 12 ore a 360°».
Infine il Klepcys Vertical Tourbillon, con quella grande gabbia posta al centro del quadrante in posizione ortogonale: oggettivamente una prima assoluta per l’intera orologeria.
«Per il Klepcys Vertical Tourbillon, la gestione della doppia funzione retrograda (ore e minuti) è particolare: è necessario garantire che i salti delle lancette a ore 12 siano simultanei».
Quali sono invece le difficoltà maggiori che ha incontrato nel loro sviluppo? Per esempio: nel Klepcys Vertical Tourbillon, la rotazione di 90° del tourbillon deve aver creato una serie di problemi…
«Le sfide sono di vario tipo: soddisfare le funzioni previste entro gli spazi e i dettagli estetici definiti, garantire un’affidabilità ottimale, gestire le interfacce con la cassa, ecc. La modifica a 90° della trasmissione per il Klepcys Vertical Tourbillon è stata oggetto di simulazioni e prove pratiche. Ogni volta che una soluzione tecnica è nuova, ci assicuriamo in anticipo della sua fattibilità. Il prototipista orologiaio esegue tutti i test funzionali e suggerisce i miglioramenti. Infine, viene effettuato un gran numero di test di affidabilità per convalidare le funzioni nel tempo».
Per restare ancora su questo orologio, quali cambiamenti all’interno del movimento ha comportato la scheletratura dell’ultima versione?
«Abbiamo dovuto adattare diversi ponti e le finiture di alcuni componenti visibili. La cosa più importante in un approccio di questo tipo è l’anticipazione: fin dall’inizio del progetto, avevamo previsto una versione squelette».
Mi permetta una domanda più personale… Esiste un esemplare di cui Jean-François Mojon va maggiormente fiero o cui è particolarmente legato (e perché)? Una sorta di “figlio prediletto”…
«Più che un modello, vorrei mantenere la “firma” che emana dalla collezione. Non è facile dare un’immagine complessiva coerente nel tempo, indipendentemente dal posizionamento e dalle funzioni dell’orologio. Sono orgoglioso delle équipe che hanno contribuito a questa identità».