Attualità

Patek Philippe Calatrava: femminile singolare

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Calatrava, chi era costui? Permettetemi di parafrasare una celebre frase de I promessi sposi” per cominciare queste righe su uno dei Patek Philippe che, per le appassionate e gli appassionati, non ha bisogno di presentazioni. Ho dato la precedenza alle appassionate non per compiacere i fanatici della parità di genere un tanto al chilo, che vanno per la maggiore in questi anni di politicamente corretto sfrenato, ma perché l’idea è quella di parlare di due referenze femminili della collezione, le 4997/200. E ho esordito con quella reminiscenza letteraria perché penso che non tutti conoscano l’origine di questo nome ormai leggendario. Ebbene, parto da qui.

Sì, anche Patek Philippe è stata in crisi

Da uno scenario che, oggi, ci sembrerebbe fantascienza: Patek Philippe in crisi. Perché era esattamente questa la situazione dell’allora Patek, Philippe & Cie all’inizio del XX secolo. Nonostante i numerosi brevetti e premi collezionati in passato, oltre a un’ampia lista di clienti che comprendeva alcuni dei più importanti collezionisti dell’epoca, l’azienda si trovò in difficoltà.

Se all’inizio degli anni Trenta, l’orologio da polso era ancora un fenomeno relativamente nuovo, che aveva guadagnato popolarità grazie alla sua diffusione durante Prima Guerra Mondiale, a poco a poco cominciò ad accreditarsi come strumento affidabile, utile anche per lontano dal campo di battaglia. Allo stesso tempo, l’orologio da tasca, associato alle ferrovie, diventava sempre più obsoleto con l’avvento delle automobili e degli aerei. 

La salvezza per l’azienda arrivò grazie ai fratelli Jean e Charles Henri Stern, che nel 1932 acquistarono una quota di controllo nell’azienda. La loro famiglia possedeva già la Fabrique de Cadrans Stern Frères, un’azienda produttrice di quadranti che riforniva Patek e altri produttori svizzeri. I fratelli sapevano che il modo migliore per risanare l’azienda sarebbe stato quello di introdurre un modello semplice e mainstream che avrebbe ampliato il fascino dei loro orologi, al di là dei collezionisti di fascia alta. Un orologio che però avrebbe dovuto mantenere l’eccezionale reputazione di Patek Philippe per la qualità. La soluzione fu il Calatrava Referenza 96, il primo modello a introdurre referenze numerate nelle collezioni di Patek Philippe.

L’origine del nome Calatrava

E, a proposito di semplicità, la scelta cadde proprio sul nome Calatrava. Ossia sul nome della croce che, dal 27 aprile 1887, era stata registrata come logo dell’azienda insieme al nome Patek, Philippe & Cie. Semplicità perché essenza stessa del marchio. Il simbolo cruciforme fu utilizzato per la prima volta sugli stendardi dei cavalieri di Calatrava, che difesero l’omonima fortezza nel sud della Spagna dall’assalto dei Mori, nel XII secolo. 

Jean Adrien Philippe, co-fondatore della Maison, lo scelse appunto nel 1887 per l’estetica che lo rendeva immune alle mode passeggere, per la grafica ornamentale e perché incarnava i valori dei cavalieri di Calatrava, analoghi a quelle di Patek Philippe: coraggio e indipendenza. Inoltre, i quattro gigli che costituiscono la croce ricordano anche il fiore usato un tempo come ornamento dei blasoni reali francesi. Lo stesso giglio è presente sullo stemma del Dipartimento dell’Eure-et-Loir, nella Francia centrale, dove si trova il paese natale di Jean Adrien Philippe, La Bazoche-Gouet. 

Calatrava per signora

Spero che questo excursus storico-onomastico possa essere stato utile a chi ha meno familiarità con la storia di Patek Philippe. Ora però, veniamo alla sostanza, ossia alle referenze femminili Calatrava 4997/200G e 4997/200R. I due orologi sono relativamente recenti: quello in oro rosa (200R) è stato presentato nel 2023, quello in oro bianco (200G) nel 2021. La loro origine è però più lontana: diretto precedente è il Calatrava per signora Ref. 4897 in oro rosa, con il quadrante guilloché color cioccolato e il calibro 215 a carica manuale, presentato nel 2009. Ma risale ancora prima, al 2006, la Ref. 4896 in oro bianco con quadrante blu, animato dal calibro 16-250, sempre a carica manuale. Un orologio declinato negli anni in diversi colori (bruno, blu notte, crema, grigio argento), con diamanti tondi o taglio baguette sulla lunetta, e che nel 2021 ha ispirato la rivisitazione in oro bianco.

Le due referenze attuali differiscono tra loro solo per il materiale della cassa e per il colore: blu quella in oro bianco, viola quella in oro rosa. La forza di questi due orologi sta nella loro capacità di mantenere l’eleganza e la sobrietà tipiche della collezione, pur ricorrendo all’impiego delle pietre preziose sulla lunetta e del sofisticato guillochage sul quadrante.

La cassa misura 35 mm di diametro, una dimensione decisamente femminile ma non così ridotta come ci hanno abituati gli orologi “per lei”. Lo spessore strepitoso di 7,4 mm è merito del movimento ultrapiatto di cui parlerò tra poco. Perché, intanto, la cassa merita qualche parola in più, soprattutto per la lavorazione lucida che la distingue. Una finitura quasi a specchio che fa apparire l’orologio più grande di quanto in realtà sia. Una finitura che esalta la luce dei 76 diamanti che adornano la lunetta con il loro mezzo carato e passa di peso. 

L’ipnotico quadrante

Non c’è dubbio sul fatto che la lunetta sia la parte più femminile del Calatrava Referenza 4997. Con lei fa il paio il quadrante, che in entrambe le versioni di colore ha una bellissima lavorazione guilloché con un motivo a onde concentriche inciso a rilievo. Le onde originano dal centro del quadrante e si irradiano fino alla lunetta dividendo lo spazio in dodici settori. Sulla “cresta” di ciascuna di queste onde sono posizionati gli indici allungati a dardo, applicati e in oro rosa o bianco a seconda della versione e con finitura opaca.

Patek Philippe ricorda che l’effetto di profondità che caratterizza questa lavorazione del quadrante è dato dall’applicazione su di esso di oltre cinquanta strati di lacca traslucida. Una finitura che i più attenti di voi avranno forse visto su un altro pezzo femminile del brand ginevrino: il Twenty~4, con la cassa rettangolare divenuta un segno distintivo della collezione. Le lancette a daga, eleganti e sfaccettate, completano l’estetica dei Calatrava 4997, che come nella migliore tradizione della collezione sono privi di datario. L’essenzialità prima di tutto.

Maestria meccanica

Scrivevo poco sopra che lo spessore straordinariamente contenuto della cassa è merito principalmente del movimento. Ebbene sì, perché il calibro 240 di Patek Philippe che dà vita all’orologio è uno dei fiori all’occhiello della Manifattura, spesso solo 2,53 mm. È un movimento automatico a micro-rotore presente anche in altri Calatrava e nel Golden Ellipse, con 27 rubini, una frequenza di marcia di 21.600 alternanze/ora e un diametro di 27,5 mm. A carica completa ha un’autonomia di almeno 48 ore.

Questo movimento è dotato di un bilanciere Gyromax e di una spirale Spiromax, e ha un micro-rotore in oro massiccio 22 carati. Il calibro 240 fa da base per altri calibri esclusivi di Patek Philippe: 240 HU (con 24 fusi orari), 240 LU CL C (con data e carta celeste e indicazione della Via Lattea), 240 PS IRM C LU (con data a lancette, fasi lunari, indicatore della riserva di carica), 240 Q (con calendario perpetuo con giorno, data, mese, anno bisestile, indicatore delle 24 ore, fasi lunari), 240 SQU (scheletrato e inciso a mano).

Un Calatrava da tramandare

Il carattere sofisticato di questo orologio è sottolineato dal cinturino. Naturalmente è in tinta con il colore del quadrante ed è fabbricato in pelle spazzolata, con una finitura satinata che dà davvero l’impressione di avere al polso una striscia di seta, tanto la lavorazione è sapiente. La fibbia – non avrebbe potuto essere diversamente – è un bell’ardiglione nello stesso materiale della cassa.

Nota di merito per il pricing applicato a questi Calatrava al femminile. Entrambe le versioni costano infatti 38.970 euro. Un prezzo da Patek Philippe, penserete voi. Un prezzo da Patek Philippe, confermo io, fatto però dalla somma di tante eccellenze, a partire dai materiali delle casse e della lunetta, fino ad arrivare al calibro di manifattura. Come dice il claim delle campagne della Maion: “Un Patek Philippe non si possiede mai completamente. Semplicemente, si custodisce. E si tramanda”. Ecco perché, chi lo può acquistare, passa oltre il cartellino.