Metto subito le cose in chiaro: per come la vedo io, il nuovo L.U.C 1860 di Chopard è, come direbbe Carlo Verdone, un sacco bello. Non pensate però che il racconto che sto per farvi di questo orologio, presentato all’ultimo Watches and Wonders, sia influenzato dalla mia opinione. Proprio perché ho potuto farmela – vedendolo, toccandolo, indossandolo in quel di Ginevra -, credo di essere legittimato a raccontarlo in modo che vi facciate la vostra. Che non per forza dovrà coincidere con la mia, ci mancherebbe: ciascuno ha il diritto di avere la propria opinione, l’importante è che sia informata. Vorrei che questo fosse l’obiettivo delle righe che seguiranno. Ma andiamo con ordine.
L.U.C: l’orologeria di Chopard al meglio
Nel portafoglio di Chopard, la collezione L.U.C racchiude il savoir-faire dell’alta orologeria secondo la concezione del Marchio. Introdotta nel 1997, si distingue per caratteristiche come precisione, artigianalità, estetica classica, che la rendono riconoscibile sia tra le collezioni del Brand, sia tra la concorrenza.
Del resto, già il nome è una dichiarazione d’intenti. Richiamare le iniziali di Louis Ulysse Chopard, colui che diede vita alla Maison e che, intorno al 1860, cominciò a realizzare i propri orologi, significa voler posizionare la collezione nell’altissimo di gamma.
Un’eredità che il nuovo L.U.C 1860 porta con eleganza e disinvoltura, specialmente se si pensa a cosa ha significato per Chopard l’orologio cui esso si ispira, ossia il L.U.C 1860 originario del 1997: vincere il riconoscimento di “Orologio dell’anno” da parte delle riviste specializzate svizzere Montres Passion e Uhrenwelt.
La collezione L.U.C, indipendente, composta da pezzi di alta manifattura (già il L.U.C 1860 del ’97 era mosso dal calibro in-house 1.96) e certificata secondo standard elevati, ha segnato l’affermazione di Chopard come brand di settore durante la rinascita dell’orologeria tradizionale, negli anni ’90. Quella intuizione del co-Presidente Karl-Friedrich Scheufele, di creare una collezione dedicata ai métier d’art e alle tradizioni della Haute Horlogerie, ha pagato.
Lasciandoci alle spalle il passato per arrivare al presente, non ho intenzione di mettere a confronto i due L.U.C 1860 come in “Aguzzate la vista”, il gioco de La Settimana Enigmistica in cui trovare le differenze tra due disegni simili. Anche perché ritengo questo orologio non tanto una riedizione, quanto un’evoluzione del suo predecessore. Mi preme concentrarmi sul moderno, perché il modo in cui Chopard ha modificato l’originale è ciò che ha fatto riscuotere da subito interesse e successo al nuovo L.U.C 1860. A partire dal colore.
Bello e amico dell’ambiente
L’abbinamento tra l’acciaio della cassa e il color salmone del quadrante rende questo orologio molto elegante e, credo, incredibilmente collezionabile, visto il sapore vintage che gli dona. Se aggiungiamo le dimensioni della cassa stessa – 36,5 mm di diametro per 8,2 di spessore -, che lo avvicinano più a quelle degli anni ’50 e ’60 che a quelle contemporanee, il gioco è fatto. Chopard ha reso il L.U.C 1860 un po’ più elegante e fresco, mescolando nel look modernità e tradizione.
La cassa è in Lucent Steel, acciaio prodotto con almeno l’80% di materiale riciclato, che Chopard mira a portare a minimo il 90% entro il 2025. Una scelta sostenibile non solo per la natura dell’acciaio, ma anche per via dei fornitori di acciaio riciclato del Brand. La loro sede in paesi limitrofi, o comunque nel raggio di 1.000 km dal sito produttivo svizzero di Chopard, riduce le emissioni legate al trasporto del materiale.
Ma oltre ad avere un ridotto impatto ambientale, il Lucent Steel è anche un bel vedere. Nonostante questa lega sia chiamata così per la particolare brillantezza, la cassa del nuovo L.U.C 1860 è un poco più scura dell’oro bianco o del platino. La lunetta e la parte superiore delle anse sono lucide, mentre la carrure ha una lavorazione satinata. Grazie allo spessore contenuto della cassa e alle anse ricurve, l’orologio avvolge il polso in modo molto comodo; anche il cinturino antracite con cui Chopard lo abbina è una scelta elegante.
Semplice? No, Chopard
Vista la cassa, eccomi al quadrante. Non ce ne vogliano in Chopard ma, a dispetto del gran lavoro fatto sul Lucent Steel a livello di sostenibilità, nel L.U.C 1860 è proprio il quadrante in oro a rubare la scena. E non solo per il color salmone, ancora una volta di tendenza. È la lavorazione guilloché a stupire, per la finezza e l’originalità di esecuzione.
La finitura non ha origine, come spesso accade, dal centro del quadrante, in corrispondenza del perno delle lancette, ma dal logo Chopard a ore 12, incorniciato da un’elegante targhetta. Come se fosse composta da tante piccole onde, la lavorazione si espande fino a infrangersi sul contatore dei piccoli secondi a ore 6 e sul cerchio della minuteria.
Il pregio di questo orologio è quello di far sembrare semplice un’architettura che in realtà non lo è. La struttura del quadrante è infatti apparentemente elementare, mentre è costruita su più settori che si amalgamano in un insieme equilibrato. E completato da un’alternanza di lavorazioni per le quali vi rimando alle didascalie. Su tutto campeggiano, in oro bianco, le lancette Dauphine di ore e minuti, quella a bastone dei secondi, e gli indici delle ore, sfaccettati e a losanga.
Il quadrante è stato realizzato da Metalem, produttore specializzato acquisito da Chopard alcuni anni fa dopo essere stato a lungo fornitore del Marchio. A testimonianza del livello altissimo della collaborazione, ricordo che anche un maestro come Philippe Dufour si è servito della perizia di Metalem per realizzare i quadranti Simplicity.
Il nuovo calibro
Semplicità che, nel caso di questo L.U.C 1860, è data anche dalla mancanza del datario, presente invece sulla referenza del 1997. Un’assenza dovuta principalmente al nuovo calibro 96.40-L. Migliorato rispetto al calibro 1.96 del ’97 per la mancanza del datario e per l’introduzione dei cosiddetti hacking seconds, ossia lo stop dei secondi nel momento della rimessa all’ora.
Il calibro automatico da 3,3 mm di spessore batte alla frequenza di 28.800 alternanze/ora ed è certificato cronometro dal COSC. Reca il punzone di Ginevra, a garanzia della completa realizzazione entro i rigidi canoni di qualità, precisione e artigianalità che questo disciplinare impone. Il micro-rotore in oro etico 22 carati carica le molle dei due bariletti sovrapposti, offrendo all’orologio un’autonomia di 65 ore.
Con il calibro 96.40-L, l’atelier di Fleurier nel quale Chopard crea i propri movimenti ha sfornato un altro pezzo di altissima manifattura, la cui complessità di sviluppo incide anche sulla disponibilità dell’orologio. Pur non essendo un’edizione limitata, il nuovo L.U.C 1860 avrà una produzione contingentata e sarà esclusiva delle boutique.
Da Chopard fanno sapere che per il 2023 la manifattura realizzerà da 10 a 15 pezzi, aumentando i volumi a circa 100 orologi l’anno prossimo. Il calibro 96.40-L richiede infatti diversi mesi per essere prodotto, così come ci vuole molto tempo per creare il complesso guillochage di ciascun quadrante. È un peccato, perché uno dei motivi per cui rinnovare un orologio del passato è quello di rendere più accessibile un modello storico difficile da reperire. Se non altro, però, in questo modo il marchio manterrà ancora più alta la desiderabilità.
Per concludere
Come ho scritto all’inizio, spero che queste poche righe e quanto trovate nelle didascalie vi possano aver aiutato a formarvi un’opinione sul L.U.C 1860. Certo, poi la prova al polso potrà fare come Alessandro Borghese: confermare o ribaltare il giudizio iniziale.
Di certo, a mio parere, in un mondo in cui sono le referenze sportive a essere quasi sempre gli oggetti del desiderio degli appassionati, questo pezzo di Chopard è esattamente il tipo di orologio che serve. Perché fa capire che c’è una vita elegante oltre ai Submariner, ai Royal Oak o ai Nautilus. Anche e soprattutto tra i marchi indipendenti.