Storia e storie

Coin watches: quando il tempo è denaro

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L’orologeria è sempre stata terreno di sfida: mettere un orologio in una moneta è un pezzo di bravura su cui i migliori costruttori si sono cimentati. Noti in inglese come coin watches, gli orologi nelle monete sono oggetti comunque rari e spesso associati a destinatari importanti o a committenze di livello. Ma come si riesce a realizzare questa impresa? Quali sono le varianti con cui le Maison hanno scelto di differenziarsi? È una storia interessante, poco nota: cerchiamo di approfondire insieme la questione. Nella carrellata seguente, il cui unico scopo è portare alla ribalta pezzi rari, da tasca o da polso, arriveremo fino alle soglie del XXI secolo. Per limitare l’ambito della ricerca, ci occuperemo quindi solo di pezzi vintage, precedenti l’anno 2000.

Piccolo è bello, sottile anche di più

Fare orologi sempre più piccoli, o sempre più sottili, era un modo per affermare la propria padronanza dell’Arte orologiera. La miniaturizzazione non era la risposta a una vera esigenza funzionale, ma il modo per creare oggetti che suscitassero meraviglia. Già nel XV secolo in Lombardia si costruivano “orologetti” da persona. In un altro articolo, che potete leggere qui, abbiamo parlato di orologi tanto piccoli da poter essere incastonati negli anelli, fin dal Cinquecento.

Non è noto chi sia stato il primo a mettere un orologio in una moneta. Esemplari con movimenti sottilissimi, detti extra-plat in gergo, comparvero sul mercato già nel XIX secolo. I coin watches in versione tascabile invece apparvero intorno alla fine degli anni Venti del secolo scorso.

Tecnicamente, si prendeva una moneta, solitamente d’oro, cui abilmente si asportava una delle due facce, destinata poi a richiudere il tutto. La parte rimanente era scavata all’interno, ricavando lo spazio per un movimento, o per un orologio intero, completo di cassa. Le due parti della moneta originaria erano poi abilmente modificate con l’aggiunta di una cerniera nascosta e di un pulsantino di apertura quasi invisibile. In questo modo, la moneta si richiudeva perfettamente. Per l’osservatore inesperto, una moneta come tante altre: il fortunato proprietario, estraendo la moneta dalla tasca, stupiva gli interlocutori. E, con la scusa di conoscere l’ora schiacciando il pulsantino, esibiva il proprio tesoro tascabile.

I primi coin watches

L’analisi degli archivi degli anni Venti dello scorso secolo mostra come Cartier, nome che non necessita presentazioni, lavorasse da tempo sul problema. Fu Joseph Vergely, uno dei progettisti della Maison parigina, a mettere a punto la soluzione che divenne il punto di partenza anche per altri costruttori negli anni seguenti. A produrre i movimenti, in questi casi, era European Clock and Watch Company.

In realtà, i tempi erano maturi: nel 1928 Patek Philippe consegnò a Henry Graves Jr, il celebre collezionista, un orologio da tasca celato in una moneta d’oro americana da 20 dollari. Graves è un nome noto a livello planetario: proprio per lui Patek Philippe realizzò nel 1933 il Supercomplication, che all’epoca era l’orologio più complicato del mondo. (all’asta da Sotheby’s, nel 2014, raggiunse l’astronomica cifra di 24 milioni di dollari).

La progettazione del pezzo di nostro interesse era già in corso nel 1925 e la consegna a un cliente di tale livello aprì la strada per la realizzazione di una intera serie di orologi analoghi, che Patek Philippe produsse negli anni a seguire. Si trattò sempre di una produzione limitatissima: si stima che Patek Philippe abbia complessivamente prodotto meno di duecento coin watches.

Nomi eccellenti

La soluzione adottata dalla grande Manifattura nelle oltre dieci referenze a tema fu sempre quella di inserire nelle monete un orologio completo: con cassa propria, ma non completamente estraibile. La cassa vera e propria era incernierata all’altezza delle ore 6 al bordo interno della moneta, per cui l’orologio poteva essere sollevato dal proprio alloggiamento, inclinato verso l’osservatore, rendendo così accessibile la corona di carica, e poi rimesso a posto per permettere la richiusura della moneta.

In alcuni casi, l’orologio vero e proprio era montato su una ghiera, in modo da poter basculare, ed era la ghiera a essere incernierata con la cassa. Tra i pezzi più sorprendenti di questa produzione troviamo le Referenze 802/1 e 802/2, in cui i movimenti sono scheletrati: realizzati intorno agli anni Ottanta e Novanta, sono autentici capolavori.

Anche Audemars Piguet si cimentò con i coin watches: e creò una propria versione scheletrata, di straordinario impatto visivo. Le sfide, si sa, nascono per essere raccolte. E dimostrare di essere capaci di mettere un orologio in una moneta equivaleva a porre il proprio nome nell’Olimpo dell’orologeria da persona. Troviamo quindi tra i contendenti – senza pretesa di formulare un elenco esaustivo – Vacheron Constantin, Ulysse Nardin, Piaget, Jaeger-LeCoultre, e naturalmente Rolex.

Variazioni sul tema dei coin watches

Oltre ai movimenti scheletrati, un’altra variante fu lanciata sul mercato da Cartier negli anni ’50. La corona di carica, naturalmente impreziosita dal classico cabochon della Casa, non era nascosta all’interno della moneta bensì portata all’esterno. A ideare anche questa soluzione fu sempre Vergely. La moneta, chiusa, tradisce quindi la presenza interna dell’orologio perché dal bordo sporge la corona. Un antesignano di questi pezzi con corona esterna, montato in una sterlina d’oro, fu un regalo personale di Pierre Cartier a Franklin Delano Roosevelt, allora Presidente degli Stati Uniti, nel 1939.

Molti coin watches erano destinati al mercato statunitense. La moneta più frequentemente “sacrificata” fu il 20 dollari in oro, anche per le dimensioni: che da una parte sottolineavano l’importanza dell’oggetto, e dall’altra facilitavano – per usare un eufemismo – il montaggio del movimento. Molto più raro l’uso di alternative alla scelta dell’oro. Al Presidente Truman, per esempio, Movado donò un proprio orologio contenuto in una moneta in argento.

Negli anni Sessanta del secolo scorso, divennero famosi i coin watches da polso di Corum, che accanto ai 20 dollari in oro utilizzava anche altre valute. Li indossarono molti Presidenti americani, da Johnson a Nixon, da Reagan a Carter, da Bush Sr a Clinton, e personaggi noti come Andy Warhol. Successivamente, dagli anni Ottanta in poi, la Casa di La Chaux-de-Fonds cominciò anche ad adottare movimenti al quarzo: piccoli, pratici e precisi, risolsero parte dei problemi. A onor di cronaca, però, devo aggiungere che Corum è tra le poche marche a continuare la tradizione, ancora ai nostri giorni.

Una nota per i collezionisti

Chi ha avuto la pazienza di leggerci fin qui avrà capito che i coin watches sono dei veri pezzi da collezione. Un’osservazione che può tornare utile a chi si accingesse ad acquistarne uno: le monete in cui si inserivano gli orologi erano monete autentiche, per cui riportavano l’anno del loro conio. La data è riferita alla moneta, non all’orologio: non deve ingannare. Per la corretta datazione del pezzo è sempre indispensabile fare riferimento ai numeri di serie e alla letteratura dei produttori.
Cose belle, cose rare: in qualche modo, simboli. Come esprimere meglio, traducendolo in un oggetto tangibile, il detto di Benjamin Franklin: “il tempo è denaro”?